Contro il “conformismo” imperante si e’ sempre perdenti. La “buona creanza” vuole che si evitino certe brutte parole. Non si dice “cancro”, ma “male incurabile”. Chi e’ morto non e’ morto, ci ha lasciati, e’ “scomparso” e, se e’ un militare, e’ “caduto”. Se si parla delle prossime elezioni politiche del 2013, secondo le previsioni, dovrebbe vincere il centrosinistra. C’e’ da gioire o c’e’ da disperarsi? Né l’una né l’altra cosa. Se il governo eletto sarà capace di attuare una politica che salva l’Italia, tutti saremmo “felici e contenti”. Poiché, invece, probabilmente non esiste un governo simile ci sono due sole ipotesi: “o andrà male, o andrà malissimo”. Anche il piu’ “ottimista” si chiede “Perché mai la situazione dovrebbe migliorare? Che cosa potrebbe mai fare il nuovo governo?”. Ci hanno “frantumato” la testa (e non solo) tutti i giorni col fatto che hanno “salvato l’Italia dal disastro”, che hanno “evitato la catastrofe per un pelo”. Ma sta di fatto che l’Italia e’ in gravissima recessione e che la situazione non e’ affatto cambiata in meglio, anzi, “e’ peggiorata e di molto”, rispetto al momento in cui l’Italia stava per “cadere nel baratro”, secondo Mario Monti. Il debito pubblico non solo non e’ diminuito, ma e’ ormai vicino ai duemila miliardi. E’ vero che gli investitori hanno avuto, nel 2011 e nel luglio di quest’anno, una crisi di fiducia dell’Italia, ed e’ vero che Mario Draghi e’ riuscito “temporaneamente” a rassicurare i mercati, ma di sostanziale e’ cambiato che “tutto va peggio piu’ di prima” di quando era Berlusconi al governo. E Casini e Bersani, ma anche Fini, invocavano, un giorno sì e l’atro pure, le sue dimissioni perche’, dicevano, qualsiasi altra persona, anche la piu’ incompetente, avrebbe fatto meglio di Berlusconi. Sono stati smentiti. I fatti sono fatti e non “chiacchiere”. Se il nuovo governo, che s’insedierà’ dopo l’elezione del 2013, vorrà seguire la politica “montiana”, troverà difficoltà ad attuarla ben maggiori rispetto ad oggi. Perché se già oggi il “sistema” Monti e’ impopolare, nonostante tutti i media all’unisono “cantano le sue lodi”, figuriamoci quando avrà contro una vera opposizione! Poi nulla esclude una nuova crisi di fiducia dei mercati con conseguente “spread” alle stelle e, quindi, maggiori interessi da pagare con inevitabile “vertiginoso” aumento del debito pubblico. Il problema e’ che l’Italia e’ in “recessione profonda” e, grazie a Monti, vale molto meno di un anno fa’. Gli investitori stranieri ed italiani fuggono e chiudono le fabbriche invece di aprirle, chi darà lavoro ai disoccupati ed ai giovani? Chi creerà ricchezza per far diminuire (almeno in parte) il debito pubblico? Qualsiasi nuovo governo, di sinistra o di destra che sia (non fa differenza), potrà tentare una politica diversa, ma il fallimento e’ “inevitabile”. Dalla padella alla brace. Ecco perche’ un ottimista/realista rimane sempre “sereno”. Se ci fosse un partito capace di diminuire della metà le spese dello Stato, licenziare centinaia di migliaia di dipendenti, abolire centinaia di enti, portare improvvisamente la pressione fiscale alla metà di quella attuale, e attuare tutte le riforme necessarie, a partire dalla giustizia, se la vittoria di questo partito potrebbe veramente salvare l’Italia si potrebbe “gioire”. Ma quel partito non esiste: non può esistere. Se ci fosse c’e’ la certezza che gli italiani non lo voterebbero mai. Dunque rimaniamo con i piedi per terra. Per come si sono messe le cose, grazie a Monti ed ai suoi ministri, chiunque vinca, “o andrà male o andrà malissimo”. E allora perché preoccuparsi? L’ottimista e’ un realista che rimane “sereno” pur sapendo che un giorno dovrà morire perche’ sa che non e’ immortale.
mercoledì 28 novembre 2012
Le primarie? A che servono?
Nel 1996 la sinistra vinse le elezioni e poi si “dilaniò”, dando vita a quattro governi e tre coalizioni diverse, nel corso della stessa legislatura. Per evitare questi problemi ha pensato che, prima delle elezioni, era bene scegliersi il candidato premier. E’ la terza volta che la sinistra organizza le “primarie”. Le prime due volte non hanno funzionato. Nel 2005 e nel 2008 non si trattava di decidere il candidato, già designato, ma di conferirgli la forza di capo della coalizione capace di tenere assieme una “armata Brancaleone”. Non hanno funzionato: Romano Prodi fu “deposto” dalla sua stessa coalizione, e ci fu le elezioni anticipate, e Valter Veltroni fu “defenestrato” dopo la sconfitta. Siamo al terzo giro. Non si e’ ancora capito che le “primarie” non servono per scegliere chi presiederà il governo, dato che la scelta del presidente del Consiglio spetta al presidente della Repubblica. Infatti, da un anno, il governo e’ presieduto da chi non s’e’ mai candidato, né mai lo farà. Ed e’ per queste ragioni che il Pdl dovrebbe astenersi nell’indire le “primarie”, ma anche perche’ e’ una “trappola” preparata dagli “infidi” colonnelli di An (Alleanza Nazionale) che vogliono “esautorare” Alfano con un sistema “pseudo democratico”. Ecco perche’ Berlusconi e’ contro le primarie. Comunque, qualsiasi decisione prenderà a momenti Berlusconi non sarà mai “contro” ma “pro” Angelino Alfano. Se la sinistra ama le primarie e’ segno che e’ favorevole ad una Repubblica di “tipo presidenziale”, allora, se sei favorevole e non sei “scemo” o un “imbroglione”, perche’ non lo proponi formalmente in Parlamento? Attualmente, senza le riforme costituzionali ed elettorali, le primarie non servono a designare il candidato premier. Neanche servono, come le due volte precedenti, per dimostrare che una “armata Brancaleone” vota compatta per scegliere il loro “capo”. Le “primarie” sarebbero necessarie se ci fosse una legge come quella per le comunali e regionali di tipo “presidenziale”. Tanto per citare alcuni esempi. La battaglia in Puglia, per chi dovesse essere il candidato alla presidenza della regione, quella a Milano e a Napoli, per chi dovesse essere il candidato a sindaco, sono state battaglie vere. E così in altri luoghi. Si sono scontrate duramente “cordate di sinistra” antagoniste ed il partito “egemone” della sinistra, il Partito democratico, ha sempre perso le battaglie piu’ importanti. Lo stesso Matteo Renzi ha battuto a Firenze il candidato “ufficiale” del Pd. Le primarie in corso non sono altro che un “regolamento di conti” tra i due candidati maggiori: Bersani e Renzi. Il vero problema e’ che nel Pd non c’e’ un’unica “linea politica”. A chi vota alle primarie chiedono un impegno a votare per la sinistra, chiunque sia il vincitore. Questa e’ “pura ipocrisia”, per non dire una “falsità”. Nessuno dell’attuale gruppo dirigente del Pd accetterebbe la vittoria di Renzi. Eppure il Pd ha un senso solo se vince Renzi. A chi vota le primarie chiedono di “condividere un programma”, ma quale? E’ fin troppo evidente che quello di Renzi e’ del tutto diverso da quello di Bersani, ed entrambi “incompatibili” con quello di Nichi Vendola. Qual’e’ la conclusione? Le due precedenti primarie erano un “imbroglio organizzativo”, le odierne “idem con patate”, perché fanno finta di non vedere che tra Renzi e Bersani c’e’ un abisso. Purtroppo Renzi perderà. Se votassero gli italiani Renzi vincerebbe, ma vota soltanto il popolo di una sinistra che e’ ancora largamente “incollato” al passato e sente ancora il fascino di “a da veni’ baffo’” e non e’ “attratto” da una vera svolta moderna e democratica. Se Renzi vincesse salterebbe tutto nel Pd. Sarebbe un evento benefico, ma e’ largamente improbabile che avvenga. Renzi perderà. Ha già perso nel momento in cui ha accettato le regole delle primarie. Dunque che farà Renzi in una legislatura che nascerà morta? Non gli rimane altro che attendere che si spenga il “fuoco di paglia” del governo Bersani coalizzato con Vendola e forse anche con Di Pietro. Un paio d’anni ancora (forse meno) e arriverà il suo momento.
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