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sabato 30 dicembre 2017

Ora vadano all'opposizione

 

Nel futuro prossimo auguriamo a Gentiloni di avere un ruolo importante. Quello di figura autorevole dell'opposizione di sinistra a un governo di centrodestra


È finita, si va a votare. Diamo atto al presidente Mattarella e al premier Gentiloni che ciò sta avvenendo in modo ordinato e naturale, senza strappi e isterismi, grazie anche al benevolo occhio con il quale Silvio Berlusconi ha seguito da dietro le quinte l'ultimo miglio di questa sciagurata legislatura.







Era infatti interesse di quasi tutti, in primis del Paese, che Paolo Gentiloni arrivasse in sella al traguardo e ognuno ha fatto - in chiaro o sottobanco - la sua parte. Così ieri il premier ha raccolto i frutti di tanto lavoro: tutti a casa meno lui e il suo governo, che non essendo mai stato sfiduciato resterà in carica nel pieno dei suoi poteri fino al dopo elezioni, che con l'aria che tira nei sondaggi non si capisce quanto sarà «dopo» la chiusura delle urne la sera del 4 marzo.
Doveva essere, quella che si è finita ieri, la legislatura nella quale prima i grillini avrebbero dovuto «aprire il Parlamento come una scatola di tonno» e poi Matteo Renzi aprire invece una radiosa stagione per la sinistra. Non è successa né l'una né l'altra cosa. Di Maio e soci non hanno toccato palla, tutti presi a fare solo gazzarra per avere un po' di visibilità mediatica, e Renzi è rimasto imbrigliato nella ragnatela che lui stesso aveva steso. L'unica vera novità - oltre all'incredibile ritorno sulla scena di Silvio Berlusconi - è stata, che piaccia o no, l'arrivo inaspettato di Paolo Gentiloni a Palazzo Chigi. Siamo tutti contenti ma attenti alle beatificazioni e alle autocelebrazioni. È vero che in tanti anni non ho mai visto un premier ammettere, nella conferenza di fine anno, i propri errori e fallimenti (non lo fece neppure Mario Monti, e questo dice tutto) ma quella raccontata ieri da Gentiloni non è oggettivamente l'Italia reale, non quella che vivono i terremotati che da due anni aspettano un alloggio provvisorio, non quella dei risparmiatori truffati anche per i ritardi e le incertezze dei governi, non quella di chi vive in balìa della criminalità, della disoccupazione eccetera eccetera. Tutto questo fa parte di un passato che ben conosciamo, da oggi, con l'avvio ufficiale della campagna elettorale, c'è da concentrarsi sul futuro prossimo, dentro il quale auguro di cuore a Gentiloni di avere un ruolo importante.

Quello di figura autorevole dell'opposizione di sinistra a un governo di centrodestra.  

mercoledì 27 dicembre 2017

Le banche di Grasso e Grillo

Un'alleanza post elettorale tra Di Maio, Grasso e Boldrini sarebbe una sciagura senza appello

È finita, senza ius soli e con tante mance elettorali. La legislatura più sciagurata della Seconda Repubblica (tre governi e tre premier non eletti) va in archivio senza rimpianti e con l'onta indelebile di aver espulso dal Parlamento con l'inganno il leader dell'opposizione.







«Game over» aveva commentato quel giorno con sarcasmo Matteo Renzi, non immaginando che a distanza di due anni sarebbe stato lui - e non Silvio Berlusconi - a un passo dal perdere l'ultima vita a sua disposizione nel grande gioco della politica.
Ci sarebbe da brindare, ma io non vedo la ragione di alzare il calice. Fare politica non è come tifare la squadra del cuore, e i destini del Paese non sono come una partita di calcio dove vincere sei a zero è meglio che passare il turno con un solo gol di scarto. 
Un Pd troppo indebolito e allo sbando potrebbe fare la fortuna della sinistra estrema del duo Grasso-Boldrini. La fortuna della quale potrebbe a sua volta tornare utile a Di Maio in cerca di alleati comunisti per provare a conquistare il governo del Paese.
Per questo la caccia grossa in corso in questi giorni a Renzi e alla sua Maria Elena Boschi mi lascia perplesso, al di là del merito dei casini bancari che i due hanno combinato. Guarda caso, è cavalcata alla grande dai grillini e dagli scissionisti del Pd, e non penso proprio a tutela dei risparmiatori traditi (Grasso, Boldrini e Bersani votarono contro o comunque si opposero alla mozione di sfiducia presentata a suo tempo contro l'allora ministro Boschi). Grasso e Boldrini sono stati per tutta la legislatura complici del renzismo, hanno agevolato le forzature procedurali per zittire le opposizioni, insomma fa ridere sentire oggi Grasso e Boldrini  dopo averli insultati per cinque anni praticamente a ogni votazione di sostenere di essere alternativi a Renzi e al Pd. E fa altrettanto senso vedere Di Maio strizzare l'occhio ai dueenato e Camera (e viceversa).
Quindi è bene tenere gli occhi aperti e non farsi prendere per i fondelli. Il nemico, e il pericolo, non è Maria Elena Boschi, ma il possibile asse politico tra i suoi principali accusatori. Perché con lei eventuali conti politici e giudiziari potranno essere comunque risolti, mentre un'alleanza post elettorale tra Di Maio, Grasso e Boldrini sarebbe una sciagura senza appello. Per le banche e per tutti noi.