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lunedì 23 luglio 2018

Siamo tutti Berlusconi

Siamo tutti Berlusconi". Così il Tempo, in prima pagina, titola a caratteri cubitali. Un sostegno al Cav nella settimana più dura, quella che riassume le accuse di 25 anni di fango con il video rubato delle serate con le olgettine e le motivazioni della sentenza sulla trattativa Stato-Mafia pubblicate a poche ore di distanza l'uno dalle altre. "Dalla pedofilia alle stragi - scrive il Tempo -, non se ne può più". Per questo il quotidiano romano smonta punto per punto tutti gli attacchi all'ex premier.Cosa non farebbero i tumori italiani, magistratura e cattocomunisti con l'aggiunta del verme di Fini, per distruggere l'unica persona che avrebbe con le sue idee potuto cambiare l'Italia. Peccato che tutti i suoi "alleati" (falsi come Giuda e che pensavano di essere pure intelligenti) gli abbiano sempre remato contro. Berlusconi è avanti anni luce rispetto a tutti gli altri anche se ottantenne. Peccato che molti di quelli che gli davano il voto si siano fatti infinocchiare da tutte le balle messe in giro su di lui.
TEOREMI GIUDIZIARI

SIAMO TUTTI BERLUSCONI

Dalla pedofilia alle stragi, 25 anni di fango. Ora pure il video con le Olgettine. Non se ne può più nemmeno della Trattativa: Il Tempo smonta le accuse al Cav 

SIAMO TUTTI BERLUSCONI
Non è provato che Marcello Dell’Utri abbia «minacciato» Silvio Berlusconi, però Dell’Utri è ugualmente colpevole perché, ipoteticamente, potrebbe averlo fatto. Sta tutto qui il fallace ragionamento della Corte d’Assise di Palermo che due giorni fa ha depositato le motivazioni alla sentenza del processo sulla «trattativa» Stato-mafia; sta tutto, dunque, nell’ammissione dell’assenza della «prova regina», che pure si tenta di scavalcare con quelle che il giudice Alfredo Montalto chiama «ragioni logico-fattuali». La tesi della procura di Palermo, accolta dai giudici, è chiara: verso la fine del 1993, i boss Leoluca Bagarella e Giovanni Brusca avrebbero contattato Vittorio Mangano, stalliere di Arcore negli anni ’70, chiedendogli di riferire a Dell’Utri che, se non avessero ottenuto dei benefici di legge, le stragi di mafia sarebbero riprese. E Dell’Utri, processato per «minaccia a Corpo politico dello Stato», stando alle accuse avrebbe recapitato quella minaccia a Silvio Berlusconi, presidente del Consiglio dall’aprile al dicembre del 1994.
MINACCIA SENZA PROVE
Ma, come detto, la Corte d’Assise di Palermo è costretta ad ammettere che questo assunto non è dimostrato, tanto da scrivere che «se pure non vi è prova diretta dell’inoltro della minaccia mafiosa da Dell’Utri a Berlusconi, perché solo loro sanno i contenuti dei loro colloqui, ci sono ragioni logico-fattuali che inducono a non dubitare che Dell’Utri abbia riferito a Berlusconi quanto di volta in volta emergeva dai suoi rapporti con l’associazione mafiosa Cosa nostra mediati da Vittorio Mangano». La prova non c’è, dunque, ma non potendosi escludere che da qualche parte ci sia, si condanna ugualmente Dell’Utri a 12 anni di galera. 

PENTITI E BUGIE
I giudici, poi, sottolineano che la disponibilità dell’ex senatore a porsi come intermediario tra i clan e Berlusconi fornì «le premesse della rinnovazione della minaccia al governo quando, dopo il maggio del 1994, questo sarebbe stato appunto presieduto dallo stesso Berlusconi». In questo senso si ritiene provata, dunque, la teoria della «cinghia di trasmissione» della minaccia di Cosa nostra all’ex premier. Ma davvero quella «filiera» sarebbe dimostrata? I fatti dicono il contrario. Intanto, Brusca ha affermato di aver saputo della permanenza di Mangano ad Arcore, fatto notorio in mezza Sicilia, leggendo l’Espresso. Il pentito, inoltre, ha collocato l’incontro in cui avrebbe chiesto a Mangano di riprendere i rapporti con Dell’Utri nell’aprile del 1994, sostenendo di aver ricevuto una risposta pochi giorni dopo. Peccato che quando si trattò di precisare il momento esatto, lo associò a un furto di vitelli avvenuto a Partinico nel novembre del 1993. In sostanza, a voler dar retta al capo mandamento di San Giuseppe Jato, l’incarico a Mangano di contattare Dell’Utri sarebbe avvenuto nell’aprile del 1994 e la risposta...cinque mesi prima...

domenica 22 luglio 2018

Le lacrime (taciute) degli uomini

L’uomo piange sino dall’antichità. Ma oggi vuole essere un robot

Gli eroi antichi piangevano. Piange Achille alla morte di Patroclo, piange Ulisse nell’isola di Calipso pensando alla patria lontana.







Piange Pericle al processo di Aspasia. Piange Paolo mentre Francesca racconta.
Oggi ha finito per imporsi un modello di maschio che pensa di essere forte controllando i suoi sentimenti e anche la donna sta imitando il modello androgino e si vanta dicendo che cambia uomini come cambia i vestiti. Ma nel profondo la realtà è diversa. Anche lei si innamora e piange dopo avere fatto l’amore e talvolta ha gli occhi pieni di lacrime mentre lo sta facendo. E l’uomo innamorato piange quando non si sente amato dalla sua donna e, quando la rivede dopo una lunga attesa, gli salgono le lacrime agli occhi come a un bambino che pensava di avere perso sua madre nella folla e, ritrovandola, corre ad abbracciarla singhiozzando.
Nell’innamoramento profondo il maschio ha esperienze simili a quelle del bambino, si intristisce non appena la sua donna amata si allontana, ha continuamente bisogno di vederla, di parlarle, di sentirla vicina. E la donna sa amare anche a distanza, anche per anni un uomo che non l’ama con la sua stessa intensità. Di queste cose abitualmente non si parla perché nel mondo del lavoro e degli affari noi portiamo una corazza emotiva, ostentiamo un ottimismo di maniera, e mettiamo al primo posto il denaro.
I sentimenti amorosi sono vissuti come segno di debolezza, si preferisce il sesso che dà piacere e non ti lega. Ma al di là delle ideologie e delle mode gli esseri umani continuano a provare le antiche passioni. L’amore, la gelosia, l’invidia, la solitudine e continuano a innamorarsi, e allora ecco che anche l’uomo viene improvvisamente preso dal mal d’amore, e quando sente la voce amata lo prende un nodo alla gola e non riesce più a parlare. E lo stesso succede a lei. Sì, davvero, anche oggi nella nostra società della comunicazione i due innamorati talvolta fanno fatica a parlarsi al telefono tanto la loro voce è rotta dai singhiozzi, dalla commozione. Ma perché queste cose, che pure sono vere non si dicono? Perché abbiamo tanta fretta di assomigliare a dei robot?