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lunedì 6 ottobre 2008

Alitalia? Un carrozzone pieno zeppo di spocchiosi fannulloni

Lo ricordiamo molto bene. La spocchia e la scortesia sono state sempre caratteristiche delle “cameriere” e dei “camerieri” di bordo dell’Alitalia. Facevano del tutto per essere antipatici e per non far sentire benvenuti a bordo i passeggeri. L’Alitalia ha smesso di volare in Australia perché alla fine gli aerei partivano quasi vuoti. Gli innumerevoli amministratori che si sono succeduti hanno prodotto perdite gigantesche tranne, che nel loro conto in banca. Il pessimo servizio a bordo e a terra, il personale viaggiante che vola un numero di ore mensile inferiore a quello di altre compagnie e con stipendi sproporzionati per il loro scarso impegno e servizio, quale onore ha dato in questi anni alla bandiera italiana? Solo vergogna. Qualunque potrà essere l’esito e’ evidente il protagonismo irresponsabile della Cgil. Provoca la morte dell’azienda e mette in mezzo alla strada oltre 20 mila dipendenti solo per dimostrare di essere più intransigente degli altri sindacati. Vuole impedire a Berlusconi di raggiungere un altro successo. E’ da irresponsabili e dementi. Epifani dovrà spiegare all’opinione pubblica perché, anziché difendere la misera paga dei lavoratori di terra (ventimila euro l’anno), si e’ schierato con i piloti (sino a 230 mila euro con le indennità varie). Siamo rimasti tutti allibiti nel vedere in Tv l’esultanza e gli applausi di un nutrito gruppo di uomini e donne, vestiti elegantemente e ben truccati, all’annuncio del fallimento della trattativa: sostenevano di preferire il fallimento alla perdita della loro dignità di lavoratori. Pensavano sul serio che ci fosse la fila di acquirenti? Che lo Stato avrebbe “nazionalizzato” la compagnia per farli continuare a godere degli assurdi privilegi? E’ assurda l’incapacità di comprendere la realtà della Cgil, dell’ANPAC (sindacato dei piloti) e di Veltroni. La trattativa com Air France affondò quando i sindacati pretesero di discutere di strategie, piani industriali e composizioni societarie. Spinetta, abituato ad operare in un “Paese normale”, li mandò a quel paese: le strategie le decide la società gestore. Ora, a distanza di mesi, la storia si e’ ripetuta. In tutto il mondo le aziende nascono e muoiono secondo le leggi del mercato. Se l’Alitalia venisse dichiarata fallita potrebbe essere un esempio molto educativo per tutti, soprattutto per i giovani. Comprenderanno che quando si lavora male, quando si gestisce peggio, quando ci si affida a sindacati faziosi ed irresponsabili, quando s'ignorano le regole del mercato per far prevalere i “privilegi”, quando i conti economici, da anni, non tornano, allora l’azienda fallisce. I piloti Alitalia volano circa il 14% in meno delle altre grandi compagnie. In media 52 ore al mese contro le circa 60 di Air France, Lufthansa o Iberia. In media i piloti Alitalia nel 2005 hanno volato 580 ore a testa, contro le 628 di Air France, 644 di Iberia, 674 di Lufthansa. Nel 2006 i piloti Air France hanno volato 641 ore, Iberia 650, Lufthansa 650. Curiosa la vicenda del settore cargo. L’Alitalia ha cinque aerei cargo e 180 piloti: 36 piloti ogni aereo quanto l’equipaggio è di due piloti che volano 40 ore al mese. I piloti Alitalia affermano di essere trattati come le colf? Nel 2006 hanno avuto uno stipendio medio di 121mila euro al lordo delle tasse (ma con le indennità raggiungono circa 230mila). Lo stipendio dei piloti della British Airways (131mila), Iberia (147mila), Lufthansa (153mila), Air France (170mila). Alitalia ha un'attività maggiore nel breve raggio e scarsa nell'intercontinentale, dove si guadagna di più. Secondo fonti sindacali, lo stipendio minimo, di un pilota con due anni di anzianità, è di 64mila euro lordi annui all'Alitalia, contro i 76mila di Iberia e gli 81mila di Lufthansa. Insistere a mantenere in vita una compagnia, che perde un milione di euro al giorno, e' assurdo. Alitalia avrebbe dovuto essere dichiarata fallita tredici anni fa. Il 14 e il 15 giugno 1995 i voli dell'Alitalia furono paralizzati dalle “emicranie” in massa dei piloti di “Aquila selvaggia”, in 200 marcarono visita. Per guarire il loro mal di testa, l’allora amministratore delegato Schisano, concesse ai piloti un aumento di 28 milioni di lire annue richiedendo un incremento di produttività. Si, ciccia! Schisano si dimise il 19 ottobre. Nel gennaio 1996 Cempella, il nuovo amministratore delegato, fece un accordo “innovativo” per salvare l’azienda: l’azionariato dei dipendenti. Ai piloti andò circa il 7% del capitale. Un anno prima di distribuire le azioni, tre rappresentanti dei dipendenti furono accettati a far parte del Cda (Consiglio di amministrazione) Alitalia. Entrarono tre sindacalisti della Filt-Cgil e della Fit-Cisl. Il bilancio del 1996 era fallimentare con 1.210 miliardi di lire di perdite (625 milioni di euro). Per qualche anno all'Alitalia non ci furono scioperi ma neppure il risanamento e le perdite aumentavano. Il 25 ottobre 1998 iniziò il piano Malpensa, nell'aprile 2000 Klm ruppe l'alleanza. Con l'Alitalia nel caos le azioni dei dipendenti, che per tre anni non potevano essere vendute, persero gran parte del valore. La promessa di far guadagnare i lavoratori con la partecipazione alla proprietà si era rivelata una pia illusione perché mai aumentò la produttività. Tra continue perdite siamo arrivati ai giorni nostri. La Cai (Compagnia Aerea Italia) intende rilevare Alitalia sborsando oltre un miliardo di euro per dar vita ad un’azienda efficiente che produca profitti. Epifani e Veltroni vogliono compratori stranieri. Ma gli “stranieri” mica sono fessi. Non si fidano dei sindacalisti italiani che hanno portato allo sfascio l’Alitalia. Non hanno alcuna intenzione di avere a che fare con hostess che non vogliono lavorare 100 ore al mese perché si “stressano”, con piloti che non salgono su un aereo da anni perché troppo occupati a fare i sindacalisti per ottenere privilegi alla categoria e con maestranze che urlano “banditi” a chi vuole acquistare l’azienda. Nonostante Veltroni nascosto abbia giocato allo sfascio, anche questa volta Silvio farà il miracolo.

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