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venerdì 23 aprile 2010

Fini e' invasato da un'ambizione smodata che lo distruggera'. Abbiamo assistito in diretta al suo "suicidio" politico.

Questo articolo e' stato scritto giovedi mattina ora australiana
quando in Italia era la sera di mercoledi 21 aprile.
Senza ambizione, neppure un genio potrebbe far emergere le sue idee, invenzioni o progetti. L’essere ambiziosi va più apprezzato che condannato. Ma l’ambizione si è creata una cattiva fama perché molti ambiziosi vogliono arrivare in alto senza averne le qualità ed i meriti. Occorre avere una forza straordinaria per dominare l’ambizione, altrimenti si diventa la sua vittima. Gianfranco Fini, nato nel 1952, venticinquenne fu nominato da Giorgio Almirante segretario nazionale del Fronte della Gioventù. Nel 1983, a soli 31 anni, fu eletto al Parlamento. Il 6 settembre 1987, durante una festa, Giorgio Almirante lo presentò come suo successore. Divenne segretario del MSI-DN (Movimento Sociale Italiano - Destra Nazionale) nel gennaio 1988, ad appena 36 anni. Dopo alti e bassi giunse il 1993 e Fini si presentò all’elezione di Sindaco di Roma. Quasi sempre ignorato dalla stampa nazionale e considerato un “fascista” dalla sinistra, venne alla ribalta solo per l’appoggio insperato di Silvio Berlusconi (all’epoca presidente della Finivest e pronto ad entrare in politica) che il 23 novembre 1993 si pronunciò a suo favore definendolo un “moderato”. Da quel momento, i giornali scrissero che Berlusconi aveva “sdoganato” Fini dal fascismo. Il 22 gennaio 1994 Fini fece la svolta di Fiuggi con la nascita di Alleanza Nazionale, mandando in soffitta il MSI-DN. Il 26 gennaio 1994 avvenne la storica scesa in campo di Berlusconi, che fondò Forza Italia. Il 10 febbraio dello stesso anno, AN stipulò un accordo elettorale con Berlusconi, altri partiti di centro e la Lega Nord, e insieme vinsero le elezioni politiche. Nato per essere il numero uno, Fini da sedici anni “sfortunatamente” è costretto a fare il numero due, e per giunta in coabitazione prima con Casini e Bossi ora soltanto con “il lumbard”. La sfortuna di Fini si chiama Silvio Berlusconi. Questo “riccastro”, sempre sorridente ed ottimista, che non aveva mai fatto politica, da un giorno all’altro ha occupato il centro della scena politica. E come se non bastasse ha iniziato a collezionare una serie di successi uno dietro l’altro. Fini, associato a questo straordinario campione, contraddicendo la sua indole, è stato costretto a mordere il freno aspettando che anche a lui capitasse una parte di quella fortuna. Invece: scalogna nera! Se il “capo” è più vecchio di 16 anni, ma ancora dimostra che può stare dove sta, la cosa migliore da fare è stimarlo e collaborare lealmente, aspettando che venga il momento per sostituirlo. Essere impazienti e cercare di metterlo sempre sotto pressione o fare il “Bastian contrario” non giova, anzi, è controproducente. Purtroppo Fini non sa dominare la sua ambizione e ne verrà schiacciato. Pur avendo accettato l’alleanza con Forza Italia, pur avendo accettato la fusione nel Pdl, pur avendo accettato la carica di Presidente della Camera dei Deputati (nessuno gliel’ha imposta come una penitenza) non si è rassegnato alla perdita di rilevanza e di visibilità. Ha cominciato a scalciare, peggiorando la sua situazione fino al momento attuale, in cui rischia il suicidio politico. In caso di elezioni anticipate, sarebbe ridimensionato a livelli percentuali minimi. Perché agisce così avventatamente? La vera, sola ambizione di Fini è il dopo Berlusconi. “Gianfi” ritiene di essere di una spanna superiore a tutte le mezze tacche (a suo parere) dei politici che popolano il Pdl. Fini non sta conquistando la simpatia degli elettori, anzi l’ha persa, perché ha dimostrato di non essere affidabile. Inoltre nessuno crede che sia capace di tenere a freno, come fa Berlusconi, le diverse anime del Pdl. È davvero difficile pensare che Fini possa rappresentare interamente il PdL del dopo Berlusconi, quando già la sola AN non lo sopporta più da tempo. Maurizio Gasparri ha detto chiaramente che Fini, con certe posizioni, ormai ha compromesso le proprie chance di leadership nel Pdl. In tutta la sua vita, Fini ha fatto solo politica, quindi, non è un uomo di azione e concretezza, che sono le grandi qualità di Berlusconi. È tutt’altro che un pragmatico. È un intellettuale, idealista, teorico evanescente e da lui ci si potranno aspettare solo polemiche e discussioni: non fatti. Fini sogna anche di notte come diventare Presidente del Consiglio o Presidente della Repubblica: le sue mire sono queste e nient’altro più. Meriterebbe essere messo alla porta, ma non serve perché lui stesso ha già aperto la porta e messo un piede fuori. Fini però non abbandona il Pdl (mica scemo!), manco per niente, altrimenti dovrebbe “smontare” dalla poltrona di Presidente della Camera; rimane per continuare a “rompere” ed avverte: “La fase del 70 a 30 è finita. Mi auguro che Berlusconi accetti che esista un dissenso interno nel Pdl” e aggiunge: “Ora si apre una nuova fase e chi avrà più filo da tessere, tesserà...” e sarà proprio così, caro “Gianfrego”, dovrai dimostrare se l’avrai, questo filo! Il dado è tratto: impossibile sarà per Fini ed i “finiani” tornare indietro. Nel suo stile ipocrita, Fini giustifica la sua “sconsiderata” mossa, che ha illustrato ieri a Berlusconi e al direttivo del Pdl, come necessaria per il bene del partito: “Il mio spirito è costruttivo, ma anche un minimo di dignità è doveroso”. La sua dignità? Dica piuttosto che è geloso dei “caminetti” tra Berlusconi e Bossi ad Arcore. Ma sa benissimo che sono i leader dei due partiti di maggioranza, mentre lui è presidente della Camera e il suo ruolo “super partes” dovrebbe tenerlo alla larga dalle scelte politiche. Fini sta seguendo le orme dei suoi due predecessori, Casini e Bertinotti, che sono stati i “destabilizzatori” dei due governi precedenti, andando molto oltre al loro ruolo istituzionale. Quando si è visto mai che un presidente della Camera riunisce i “suoi” parlamentari per far nascere una “corrente” o forse dei “gruppi autonomi”? Cosa da pazzi! E per fortuna che Fini, tempo fa, aveva dichiarato di considerare le “correnti” di un partito delle “metastasi”; come ha fatto spesso, si rimangia tutto. È normale ed opportuno politicamente che Berlusconi abbia un rapporto privilegiato con la Lega, che è andata meglio del Pdl alle ultime regionali perché è più radicata sul territorio e il suo elettorato è più “fedele” e meno propenso all’astensione che di solito colpisce i grandi partiti. Fini si faccia un esame di coscienza: cosa ha fatto e come si è comportato durante l’ultima campagna elettorale per le amministrative? Non ha fatto altro che mettere i bastoni tra le ruote e, come al solito, tutto il peso della propaganda l’ha dovuto sostenere Berlusconi, che ha pur 16 anni più di lui ma che, ancora una volta, ha dimostrato di avere l’energia di un trentenne e di essere un “vero” leader. Fini è invasato da un’ambizione smodata e immotivata che lo rende cieco e lo sta distruggendo. Ieri non c’è stata la formazione di gruppi parlamentari autonomi, che avrebbe significato una scissione nel Pdl, ma la nascita di una “mini correntina” personale di Fini che, alla fine, infastidirà l’azione del governo come una “ronzante” zanzara. La furbizia e l’opportunismo politico di uno che ha sempre “campato” (e molto bene) con la politica, “obbligherà” Fini a rimanere nel Pdl per il proprio interesse, e questa sarà l’ultima delle sue tante mosse “sconsiderate” combinate negli ultimi anni pur di distinguersi da Berlusconi. Vuole sempre essere il suo “controcanto” convinto che, così agendo, di costruirsi un futuro politico “bipartisan”. Altri motivi non ce ne sono, perché sulle riforme è ampiamente d’accordo. Riguardo alla gestione più collegiale e democratica della vita interna del partito, sono condivisibili le sue richieste. La verità è che Fini considera provocatorio il protagonismo della Lega, e vorrebbe che il Pdl lo frenassa. Se il Pdl lo facesse, il rischio sarebbe quello di dare l’immagine di una coalizione litigiosa com’era quella di Prodi. Si sa che è nello stile della Lega fare, ogni tanto, delle “sparate” per galvanizzare il suo “popolo", ma quando ci sono decisioni da prendere al Consiglio del Ministri o leggi da votare, si è sempre dimostrata “disciplinata” e, sin qui, un alleato affidabile e stabile. L’incosciente decisione presa da Fini, qualsiasi ne sarà l’evoluzione, dà l’impressione di voler rallentare l’attività di governo con il gioco continuo di estenuanti chiacchiere e mediazioni: un teatrino della politica. L’Italia attende da anni le riforme che sono state ritardate in passato per “milioni” di motivi e dagli “sfascisti” di professione, ed ora che si è ad un passo dal farle si mette di mezzo il “gattopardo” Fini? No, basta, finiamola! Bisogna togliere di mezzo ogni pretesto, ogni ostacolo. Chi abbia ragione tra Fini e Berlusconi non interessa agli italiani. Ce ne freghiamo delle analisi politiche, psicologiche, i tentennamenti, le gelosie, le mediazioni ed altre cavolate: a che cosa servono se non alla sola visibilità dei politicanti di professione? Se Fini è l’ostacolo sulla via del cambiamento, allora venga invitato a prendere la porta e uscire con tutti i suoi “finiani”, li si butti tutti fuori! Non se ne può proprio più!

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