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venerdì 15 aprile 2011

Processo breve non incidera' sui procedimenti per il disatro di Viareggio, il terremoto dell'Aquila e per il crak Parmalat.

Nonostante le terroristiche affermazioni di alcuni esponenti dell’opposizione, le nuove norme sul processo breve e sulla prescrizione breve non incideranno sui procedimenti per il disastro di Viareggio, il terremoto dell’Aquila o per il crack Parmalat.

Per il primo i Pm stanno procedendo per reati gravissimi, come l’omicidio colposo plurimo e il disastro ferroviario, puniti con pene molto severe e che si prescriveranno, quindi, in un tempo lontanissimo; se il processo breve verrà approvato la prescrizione del disastro ferroviario di Viareggio maturerebbe in 23 anni e quattro mesi, quindi nel 2032, e la prescrizione dell’omicidio colposo plurimo addirittura dopo, fino a un massimo di 35 anni dai fatti, quindi nel 2044.

Lo stesso vale per i processi per il terremoto dell’Aquila, dove il termine di prescrizione si ridurrebbe di soli dieci mesi. E anche su Parmalat non ci sarebbe nulla da temere, visto che per il reato di bancarotta fraudolenta ed aggravata la prescrizione passa dai 18 anni e nove mesi a 17 anni e sei mesi.



L'opposizione viene sepolta dalle menzogne spacciate agli italiani sul fatto che una si­mile legge avrebbe azzera­to i processi sul terremoto dell'Aquila piuttosto che quelli sull'incidente ferro­viario di Viareggio, che con la nuova legge potran­no rim­anere aperti rispetti­vamente fino al 2032 e 2044. Se i pm e la sinistra ritengono che non si possa fare in tempo è meglio che i primi cambino lavoro e la seconda non si candidi a governare il Paese, nell'in­teresse di tutti i cittadini. In Italia ogni anno 170mila processi vanno in prescri­z­ione per le lentezze e le in­capacità dei magistrati. È evidente che procure e giu­d­ici devono cambiare mar­cia per perdere il record mondiale della lentezza: ce lo chiede la Corte euro­pea dei diritti umani, lo pretendono le vittime, pre­sunte vittime e imputati che incappano, a torto o ra­gione, nelle maglie dei no­stri tribunali.

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