Storia di un cinico speculatore.
Carlo De Benedetti e’ nato nel 1934 in una famiglia benestante ebraica, si laureò in ingegneria nel 1958 al Politecnico di Torino. Dal 2009 ha acquisito anche la cittadinanza svizzera. Nel 1976, grazie all’amicizia sin dall’infanzia di Gianni e Umberto Agnelli, fu nominato amministratore delegato della FIAT. Dopo un breve periodo (quattro mesi) a causa di “divergenze strategiche”, abbandonò la carica. I due fratelli Agnelli avevano scoperto un tentativo di scalata alla Fiat di De Benedetti appoggiato da gruppi finanziari elvetici. Vatti a fidare degli amici! Nel dicembre dello stesso anno, rilevò le “Concerie industriali riunite” dai Conti Bocca. Cambiò la denominazione della società in “Compagnie Industriali Riunite” (CIR) e la trasformò in una grande holding industriale. Nel 1978 entrò in Olivetti, di cui divenne presidente. Quando l’Olivetti andò in crisi, nel 1996 lasciò l’azienda. Nel 1981 la CIR diede vita a Sogefi, società globale di componentistica auto. Sempre nel 1981 entrò nel del Banco Ambrosiano guidato dall’enigmatico Roberto Calvi. De Benedetti era vicepresidente. Dopo appena “due mesi”, lasciò la banca quasi fallita. Fu accusato di aver fatto una plusvalenza di 40 miliardi di lire e per questo processato per concorso in bancarotta fraudolenta. Condannato in primo grado e in appello a 8 anni e 6 mesi di reclusione, fu assolto in Cassazione. Nel 1985 acquisì il gruppo Buitoni/Perugina, venduto circa tre anni dopo alla Nestlè. Sempre nel 1985 Romano Prodi, in qualità di presidente dell'IRI, tentò di “svendere” al suo “amico” Carlo De Benedetti la SME, una finanziaria del settore alimentare, ma l’operazione fallì per un’offerta maggiore della cordata Barilla, Ferrero e Finivest. Nel 1987, attraverso la CIR, De Benedetti entrò nell’editoria acquisendo una partecipazione rilevante nella Mondadori e, quindi, nel gruppo Espresso/Repubblica. Nel 1988 tentò la scalata alla Société Générale de Belgique, ma non ebbe successo. Nel 1990 ebbe inizio la “guerra di Segrate” che vide contrapposti Carlo De Benedetti e Silvio Berlusconi. Sia la CIR che la Fininvest, infatti, rivendicavano accordi con la famiglia Formenton, erede delle quote Mondadori. Un collegio di tre arbitri diede ragione a De Benedetti. Ma la famiglia Formenton impugnò il Lodo arbitrale davanti alla Corte d'Appello di Roma. La Corte che, con la sentenza del 14 gennaio 1991, annullò il Lodo favorevole a De Benedetti spianò la strada a Berlusconi per la successiva trattativa per la spartizione finale: Repubblica, Espresso e i quotidiani locali a De Benedetti, a Berlusconi invece Panorama, tutto il resto della Mondadori e un conguaglio di 365 miliardi di lire. Nel 1996 la Procura di Milano avviò un’inchiesta sospettando che la sentenza, del 1991 della Corte d'Appello di Roma sfavorevole a De Benedetti, fu in realtà comprata dalla Finivest corrompendo il giudice Vittorio Metta con 400 milioni. E’ di questi giorni la sentenza di secondo grado che condanna la Finivest a pagare 560 milioni di euro alla CIR di De Benedetti. “Fininvest pagherà e speriamo poi che riavrà i soldi indietro quando la Cassazione farà giustizia”, ha detto Niccolò Ghedini. Nel 1993, in piena bufera “Tangentopoli”, Carlo De Benedetti ammise di aver pagato tangenti per 10 miliardi di lire per ottenere una commessa dalle Poste Italiane. Fu arrestato e liberato nella stessa giornata per poi essere assolto da alcune accuse e prescritto da altre. Nel 2005 De Benedetti fondò la società di investimenti Management & Capitali (M&C) tramite la controllata Cdb Web Tech Spa. A fine 2010, De Benedetti ha lanciato un'offerta pubblica sulla società M&C attraverso Web Tech SpA. Ha speso tutta la sua vita in “ciniche” speculazioni, questo e’ Carlo De Benedetti lo “svizzero”.
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