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venerdì 30 settembre 2011

Storia e ragioni della crisi europea.

Questo è il riassunto di un articolo del 13 settembre 2011 di George Friedman dal titolo “The Crisis of Europe and European Nationalism”. Prima del 1492 (data della scoperta dell’America) l’Europa era un posto senza importanza in cui piccole nazioni si facevano continuamente la guerra. Tutto questo cambiò con i progressi della navigazione. L’Europa divenne molto ricca e creò vasti imperi extra europei, al punto da “ridefinire” la condizione umana e divenire il motore del mondo. Ma mentre aveva questo successo, non diminuiva la ferocia dei suoi conflitti interni, né si realizzò mai il sogno di un’Europa unita che dominasse il globo. Le ragioni per questo paradosso sono complesse ma, a parere di Friedman, la ragione fondamentale è stata l’Inghilterra che ha sempre operato per mettere sempre le nazioni del Continente le une contro le altre, per impedire che la mettessero in pericolo (“divide et impera” dei Romani). Questo sistema cessò di essere valido con l’unificazione tedesca del 1871. Occorreva far posto alla Germania in un sistema di cui era parte integrante. Ciò dette luogo alle due catastrofiche Guerre Mondiali. L’Europa dovette subire la “terrificante” esperienza di due nazioni, come la Germania di Hitler e la Russia di Stalin, che “impazzite”, massacrarono sia i propri cittadini che i cittadini di altre nazioni per ragioni “inspiegabili”. Per Friedman esse avevano sofferto di un “crollo mentale collettivo”, raggiungendo “livelli di barbarie senza precedenti”. Gli Stati Uniti divennero il modello da imitare: politicamente stabili, ricchi, capaci di imporre la loro volontà economica, politica e militare. I russi, malgrado la loro potenza, erano visti in Europa come i cugini poveri. Sembra un paradosso, ma proprio gli Stati Uniti ispirarono l’Europa del futuro. La molla fondamentale era la speranza di una “risurrezione europea”, uscendo dagli orrori del ventesimo secolo. Se il problema era nato con il sorgere della potenza germanica, la soluzione era quella di dare un nuovo status alla Germania. La Prima Guerra Mondiale aveva sbriciolato i più grandi imperi, creando una serie di stati più piccoli “nazionalisti”, non solo il nazionalismo tedesco. La soluzione era dunque il superamento del “nazionalismo”, creando nazioni che conservassero la loro “identità culturale” ma “si unissero dal punto di vista economico e politico”. E anche il problema della Germania sarebbe così stato risolto. L’Europa cercava la sua “salvezza”, e l’accento posto sull’economia era essenziale, “dal momento che le tragiche guerre furono provocate da motivi economici”. La costituzione della Nato integrava l’Europa con gli Stati Uniti e toglieva di mezzo il problema del “nazionalismo”. Gli europei potevano pensare esclusivamente di realizzare “la prosperità economica”. La burocrazia centrale avrebbe soppresso i “nazionalismi” e avrebbe creato la ricchezza senza abolire la “identità nazionale”. La crisi economica attuale “ha fatto risorgere i nazionalismi”. Dopo tutto, “i tedeschi sono tedeschi e i greci sono greci”. E i popoli delle singole nazioni danno agli altri la colpa della loro difficile situazione. I leader politici cercano una soluzione nell’ambito del progetto europeo, ma ognuno vede l’altro come un nemico, o almeno uno che fa solo i propri interessi. Si sperava che tutti fossero felici dell’Europa, perché essa sarebbe stata prospera. Ma la prosperità va e viene e oggi i popoli si guardano con sospetto e ostilità. Lo stesso progetto dell’Unione Europea è divenuto materia di discussione. Molta gente si sente tradita dal proprio Paese, esattamente ciò che si credeva che l’Unione Europea sarebbe stata in grado di evitare.

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