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domenica 26 agosto 2012

Bersani e' contro la riforma delle legge elettorale e di quelle costituzionali.


La proposta del Pdl per una nuova legge elettorale prevede il premio di maggioranza del 15% al partito, e non alla coalizione, che prende piu’ voti; sbarramento nazionale e regionale al 5%; preferenze al 70% il restante 30% resterebbe alle scelte dirette delle segreterie di partito. Pierluigi Bersani non può apertamente dichiararsi contrario alle “preferenze”, ma sa se ci fossero correrebbe il rischio di essere “scalzato” da Matteo Renzi che ottonerebbe piu’ voti di lui. Sta facendo “carte false” per votare col “porcellum” ancora in vigore. Listini blindati e collegi sicuri per gli “amici” che garantirebbero la sopravvivenza di Bersani evitando, al contempo, la frantumazione del Pd, ora diviso in diciotto correnti, scusate se sono poche! Bersani e’ contrario anche ad un’altra riforma proposta dal Pdl e gia’ approvata dal Senato: l’elezione diretta del Presidente della Repubblica. Sarebbe una grande modernizzazione, darebbe al Paese e ai cittadini la possibilità di decidere direttamente per la scelta del candidato Presidente e renderebbe, finalmente, l’Italia un Paese governabile: un Paese “normale”. Sono ben trent’anni che si parla di riforme. Approfittando ora del “governo tecnico”, che sta continuando il lavoro intrapreso dal governo Berlusconi, ora l’ex maggioranza e l’ex opposizione “unite” dovrebbero lavorare per trovare l’accordo per fare le riforme costituzionali. A novembre 2011 Berlusconi decise di fare il passo “laterale” non tanto perché c’era la crisi delle Borse e l’aumento dello “spread”, che rimane sempre alto e che e’ stato ormai “accertato” che non era dovuto all’azione del suo governo, ma perché sembrava necessario ed opportuno (ed anche per “l’insistenza” di Giorgio Napolitano) di lasciare il posto a un “governo tecnico” che avrebbe consentito un “incontro” tra maggioranza e opposizione per una trattativa sul cambiamento della ”architettura istituzionale”. Nulla, invece, e’ andato in quella direzione. Oramai, in vista delle imminenti elezioni politiche del 2013, il Pdl sta “determinando” la sua linea politica. Nessuna ipotesi di “grande coalizione”, nessuna ricerca “spasmodica” di “alleanze”, netta alternativa rispetto alla sinistra che e’ sempre alla ricerca di “compromessi” impossibili per rimettere in piedi “l’armata Brancaleone” che, come tutti sanno, durerebbe pochi mesi al governo. Il programma del Pdl sarà tutto rivolto al “rilancio economico” dell’Italia, magari cercando di coinvolgere, per il “risorgimento economico”, anche gli operatori economici italiani residenti all’estero. Niente “astrattismi” e “demagogia” dunque, ma “serietà e pragmatismo”. Per definire il programma il 15 luglio c’e’ stata una riunione a Villa Germetto a Lesmo, la Versailles della Brianza, dimora settecentesca acquistata nel 2008 dalla famiglia Berlusconi per ospitare la sede della “Università del Pensiero liberale”. Il “summit”, a porte chiuse, e’ stato promosso dall’ex ministro Antonio Martino e dalla deputatessa Pdl Deborah Bergamini. Vi hanno partecipato una settantina di personalità tra economisti europei e americani, di cui un premio Nobel e altri collaboratori. Riuniti nella “sala dei professori” dell’università’, si e’ parlato di crisi, di politica economica europea, di tasse. Un ulteriore “summit” e’ previsto ai primi settembre. Una cosa e’ certa: per rinnovare il partito bisogna ritornate allo spirito del 1994 non piu’ sotto le bandiere di “Forza Italia” ma di “Grande Italia”.

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