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mercoledì 28 novembre 2012

Le primarie? A che servono?


Nel 1996 la sinistra vinse le elezioni e poi si “dilaniò”, dando vita a quattro governi e tre coalizioni diverse, nel corso della stessa legislatura. Per evitare questi problemi ha pensato che, prima delle elezioni, era bene scegliersi il candidato premier. E’ la terza volta che la sinistra organizza le “primarie”. Le prime due volte non hanno funzionato. Nel 2005 e nel 2008 non si trattava di decidere il candidato, già designato, ma di conferirgli la forza di capo della coalizione capace di tenere assieme una “armata Brancaleone”. Non hanno funzionato: Romano Prodi fu “deposto” dalla sua stessa coalizione, e ci fu le elezioni anticipate, e Valter Veltroni fu “defenestrato” dopo la sconfitta. Siamo al terzo giro. Non si e’ ancora capito che le “primarie” non servono per scegliere chi presiederà il governo, dato che la scelta del presidente del Consiglio spetta al presidente della Repubblica. Infatti, da un anno, il governo e’ presieduto da chi non s’e’ mai candidato, né mai lo farà. Ed e’ per queste ragioni che il Pdl dovrebbe astenersi nell’indire le “primarie”, ma anche perche’ e’ una “trappola” preparata dagli “infidi” colonnelli di An (Alleanza Nazionale) che vogliono “esautorare” Alfano con un sistema “pseudo democratico”. Ecco perche’ Berlusconi e’ contro le primarie. Comunque, qualsiasi decisione prenderà a momenti Berlusconi non sarà mai “contro” ma “pro” Angelino Alfano. Se la sinistra ama le primarie e’ segno che e’ favorevole ad una Repubblica di “tipo presidenziale”, allora, se sei favorevole e non sei “scemo” o un “imbroglione”, perche’ non lo proponi formalmente in Parlamento? Attualmente, senza le riforme costituzionali ed elettorali, le primarie non servono a designare il candidato premier. Neanche servono, come le due volte precedenti, per dimostrare che una “armata Brancaleone” vota compatta per scegliere il loro “capo”. Le “primarie” sarebbero necessarie se ci fosse una legge come quella per le comunali e regionali di tipo “presidenziale”. Tanto per citare alcuni esempi. La battaglia in Puglia, per chi dovesse essere il candidato alla presidenza della regione, quella a Milano e a Napoli, per chi dovesse essere il candidato a sindaco, sono state battaglie vere. E così in altri luoghi. Si sono scontrate duramente “cordate di sinistra” antagoniste ed il partito “egemone” della sinistra, il Partito democratico, ha sempre perso le battaglie piu’ importanti. Lo stesso Matteo Renzi ha battuto a Firenze il candidato “ufficiale” del Pd. Le primarie in corso non sono altro che un “regolamento di conti” tra i due candidati maggiori: Bersani e Renzi. Il vero problema e’ che nel Pd non c’e’ un’unica “linea politica”. A chi vota alle primarie chiedono un impegno a votare per la sinistra, chiunque sia il vincitore. Questa e’ “pura ipocrisia”, per non dire una “falsità”. Nessuno dell’attuale gruppo dirigente del Pd accetterebbe la vittoria di Renzi. Eppure il Pd ha un senso solo se vince Renzi. A chi vota le primarie chiedono di “condividere un programma”, ma quale? E’ fin troppo evidente che quello di Renzi e’ del tutto diverso da quello di Bersani, ed entrambi “incompatibili” con quello di Nichi Vendola. Qual’e’ la conclusione? Le due precedenti primarie erano un “imbroglio organizzativo”, le odierne “idem con patate”, perché fanno finta di non vedere che tra Renzi e Bersani c’e’ un abisso. Purtroppo Renzi perderà. Se votassero gli italiani Renzi vincerebbe, ma vota soltanto il popolo di una sinistra che e’ ancora largamente “incollato” al passato e sente ancora il fascino di “a da veni’ baffo’” e non e’ “attratto” da una vera svolta moderna e democratica. Se Renzi vincesse salterebbe tutto nel Pd. Sarebbe un evento benefico, ma e’ largamente improbabile che avvenga. Renzi perderà. Ha già perso nel momento in cui ha accettato le regole delle primarie. Dunque che farà Renzi in una legislatura che nascerà morta? Non gli rimane altro che attendere che si spenga il “fuoco di paglia” del governo Bersani coalizzato con Vendola e forse anche con Di Pietro. Un paio d’anni ancora (forse meno) e arriverà il suo momento.

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