Il film di Sorrentino ha vinto la statuetta. Tutti lo esaltano ma nessuno dice grazie a chi l'ha prodotto e distribuito
Alessandro Sallusti - Mar, 04/03/2014
Per Renzi, l'Oscar alla
Grande Bellezza è la prova che «non dobbiamo
aver paura ad allargare le nostre ambizioni». Per Franceschini, ministro della Cultura,
che «se
l'Italia crede in se stessa, ha fiducia e investe nei propri mezzi può vincere».
Vendola ringrazia «tutti coloro
che hanno reso possibile questa magnifica opera», la Boldrini afferma che «il cinema è
risorsa fondamentale per la cultura».
Napolitano parla di «una grande
vittoria per l'Italia», e la ministra europea alla Cultura Vassiliou esclama: «Fantastica
Italia».
L'Italia
della sinistra postcomunista e quella renziana (al momento teniamo una
separazione in attesa di giudizio) si
intestano il merito dell'Oscar di Sorrentino. Loro sì che sanno come si fa
a far trionfare il made in Italy. Ma tacciono
colpevolmente due cose. La prima. Il film è la presa per i fondelli del
loro mondo, vuoto e ipocrita. La seconda è ancora più ridicola. Perché chi ha permesso a Sorrentino di
salire sul palco, quello che - per
citare i signori di cui sopra - non ha avuto
paura di allargare le sue ambizioni, di investire propri soldi, quello che va
ringraziato, quello che ha capito che il cinema è una risorsa e che ha
contribuito a fare vincere l'Italia ha un nome e un cognome volutamente assenti
dai loro commenti.
Si chiama Silvio
Berlusconi, fondatore e azionista di maggioranza del gruppo
Mediaset, la cui controllata Medusa ha creduto nel
progetto di Sorrentino, prodotto (insieme a piccoli partner) e distribuito
la pellicola.
Scusate Renzi, Franceschini, Vendola, Boldrini,
Napolitano e soci: dire un grazie alla più importante e prestigiosa azienda
culturale privata del Paese, Mediaset, è chiedere troppo? La risposta è
scontata: troppo. Perché ammettere che Berlusconi, la sua
famiglia e i suoi manager (Carlo Rossella e Giampaolo Letta a Medusa) sono il
volano del migliore sapere italiano vuole dire
sconfessare vent'anni di linciaggio mediatico. Significa rinnegare
i fischi di giornalisti e cinefili di sinistra che alla mostra di Venezia
accompagnano la vista del logo Medusa in testa di pellicola (anche per questo
alla scorsa edizione del festival Medusa non presentò alcun film in concorso).
Ci sono
voluti gli americani, direi il mondo
intero, per riconoscere che
Mediaset non è quell'associazione a delinquere immaginata dai magistrati
italiani.
Oggi siamo orgogliosi di Sorrentino,
ma anche di Mediaset e di quel folle di Berlusconi che continua a
investire in un Paese così. E adesso, cari compagni, continuate pure a
fischiare Medusa e a spiegarci che cosa è cultura e come si fa: siete come le patetiche caricature della
Grande bellezza. Poca cosa.
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