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sabato 12 luglio 2014

 Il "berlusconiano" Renzi
Il Foglio - Sono passati centosettanta giorni dal famoso incontro del Nazareno, da quello storico fermo immagine del capo di Forza Italia che svelto svelto sale i gradini della sede del Pd scortato da un sorridente e trionfante Gianni Letta, e Renzi e Berlusconi sono ancora lì. Ancora lì ad annusarsi, apprezzarsi, telefonarsi, parlarsi, incontrarsi e a ritrovarsi perfettamente in profonda e commovente sintonia quando in pubblico sussurrano insieme la parola “riforme”. Per Berlusconi si sa che cos’è Renzi: un giovane, brillante e ambizioso politico, per certi versi più berlusconiano dello stesso Berlusconi, che si è fatto largo con abilità tra i vecchi tromboni comunisti e che con una serie di giochi di prestigio è riuscito a far diventare di sinistra una serie di cose che per anni sono state scioccamente considerate di destra dalla vecchia sinistra. Ma se è noto che il Cav. stravede per Matteo, che vorrebbe un successore simile a Matteo, che non fa altro che ripetere che bravo Matteo, ciò che è meno noto è che cosa pensa il signor Renzi del dottor Berlusconi.
Il ragionamento è lineare. Quando Renzi pensa a Berlusconi non pensa solo a un politico con cui è necessario dialogare per via della sua consistente rappresentanza parlamentare (i renziani, vecchie canaglie, non fanno a meno di notare che alle ultime elezioni Pd e Forza Italia hanno preso insieme più del 50 per cento dei voti) ma pensa anche a tutto ciò che grazie a Berlusconi è riuscito a conquistare in questa sua esperienza al governo. Senza Berlusconi, senza cioè aver dimostrato a Napolitano che il governo Leopolda avrebbe goduto di una maggioranza parlamentare superiore rispetto a quella di cui godeva il governo Letta, difficilmente Renzi sarebbe arrivato a Palazzo Chigi e difficilmente avrebbe avuto la forza di far cambiare verso al governo (Letta la legge elettorale voleva farla senza il Cav., Renzi invece no). Senza Berlusconi, senza cioè aver accolto il Caimano nella sede del Pd, difficilmente Renzi avrebbe avuto la forza di legittimarsi tra gli elettori di centrodestra e di accogliere e di far convergere sul simbolo del Pd i voti di molti elettori di Berlusconi (tutti dicevano che per Renzi aprire le porte del Pd a Berlusconi avrebbe significato violentare il corpo del Pd, ma poi si è visto come è finita). Senza Berlusconi, senza cioè aver portato a forza il partito del Caimano all’interno del perimetro delle riforme, difficilmente Renzi sarebbe riuscito a disinnescare il dissenso maturato all’interno del Pd rispetto al percorso legato alla legge elettorale, alla modifica del Titolo V e alla revisione del Senato (e da questo punto di vista la falsa disponibilità mostrata da Renzi a fare una riforma elettorale con Grillo aveva soltanto lo scopo di mettere pressione a Forza Italia). Senza Berlusconi, infine, Renzi sarebbe stato ostaggio dei gruppi parlamentari, ostaggio delle vecchie correnti del Pd, delle nuove correnti di Ncd, delle solite cariatidi dell’Udc, e sarebbe stato insomma costretto a muoversi in Parlamento con la stessa agilità con cui si muoveva Prodi ai tempi di Mastella e Turigliatto. Renzi questo lo sa, così come sa che avere dalla propria parte la Lega (15 senatori) è un altro modo per far capire ai dissidenti del Pd (15 senatori) che il governo ha la forza di andare avanti anche senza fare i conti con i bronto-democratici del Senato (come era prevedibile, alla fine di una giornata movimentata, ieri Lega e Pd hanno trovato l’intesa sul meccanismo di designazione dei rappresentanti di Palazzo Madama).
 
Renzi e Berlusconi, dunque, Grillo o non Grillo, condanne o non condanne, dissidenti o non dissidenti, si trovano ancora in profonda sintonia non solo per questioni personali (e non solo per una profonda e comune sintonia nel non riuscire a prendere troppo sul serio il compagno Alfano) ma soprattutto per questioni tattiche: Renzi ha infatti bisogno di Berlusconi nella stessa misura in cui Berlusconi ha bisogno di Renzi, e se è vero che senza Renzi Berlusconi avrebbe difficoltà a non farsi risucchiare da Cesano Boscone è anche vero che senza Berlusconi Renzi avrebbe difficoltà a non farsi risucchiare dalla palude di Palazzo Madama. Le consonanze tra Renzi e Berlusconi (che spesso vivono sull’asse fiorentino Lotti-Verdini) sono destinate a trovare nuovi punti di contatto su alcuni capitoli legati alla riforma della giustizia e anche su una partita delicata sulla quale Forza Italia ha ricevuto garanzie dal Pd. E se lo schema del Nazareno regge e Berlusconi non intende scardinarlo è anche perché Renzi ha fatto capire che quando sarà il momento di ragionare sul dopo Napolitano il Pd non farà a meno di ricordarsi della fedeltà mostrata da Forza Italia sul percorso delle riforme. Questa è la promessa, e il nome “Pinotti”, per esempio, non dispiace al centrodestra. Berlusconi ci crede, ma sa che da buon post berlusconiano lo “stai sereno” non può che essere sussurrato sempre con il famoso tono da marinaio.

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