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sabato 28 novembre 2015

Legittima difesa

Si moltiplicano gli episodi di irruzione di male intenzionati in appartamenti e case unifamiliari col proposito di rubare, di ricavarne un bottino. Nell'eventualità di esserne vittime, aumenta proporzionalmente anche il numero degli italiani che si stanno dotando di armi da fuoco - rivoltelle e fucili leggeri - e che non esitano a usarle, pur sapendo di rischiare di finire condannati.
I male intenzionati, a loro volta, di fronte all'eventuale reazione delle loro vittime, finiscono col picchiarle, spesso selvaggiamente, riducendole in fin di vita. Del resto, quando, poi, il cittadino che difende legittimamente se stesso, la propria famiglia e i propri averi, ammazza un male intenzionato che è proditoriamente penetrato in casa sua per derubarlo, provvede una magistratura animata da spirito «sociale» - incline, cioè, a imputare il furto ai bisogni creati dal capitalismo e dalla società dei consumi, responsabili, a suo avviso, di troppe ingiustizie sociali, invece che al singolo individuo - con una denuncia per omicidio volontario di chi si è semplicemente difeso da un'aggressione.

È il frutto distorto, di una cultura di sinistra, indulgente, nei confronti di chi commette un reato, nel nome di una malintesa tutela di chi ruberebbe spinto dal bisogno creato dalle ingiustizie della società capitalista..
Non è raro, da noi, il caso di ascoltare alla tv le rampogne di qualche buonista - che non ha palesemente senso dell'idea di responsabilità individuale - il quale attribuisca il reato al bisogno di chi sarebbe vittima della società in cui vive. Invece, nei Paesi di cultura anglosassone - dove chi invade la proprietà altrui sa di incorrere nella reazione del legittimo proprietario che, come succede negli Stati Uniti, non esita a far fuoco per difendere se stesso, la propria famiglia e la propria proprietà - questo comportamento è approvato, oltre che dai concittadini, anche dal sistema giudiziario. 
La legittima difesa è un diritto correlato all'idea di proprietà, compresa quella del proprio corpo come premessa del diritto di proprietà sui propri averi secondo l'inglese Locke fin dal Settecento.
È, dunque, inutile, se non controproducente che, per una malintesa solidarietà sociale che alimenta questo buonismo assolutorio del reato, si faccia carico alla magistratura di sanzionare chi ricorre alla legittima difesa per salvaguardare se stesso. 
Chi entra nella proprietà altrui, sa, negli Stati Uniti, di correre il rischio della reazione del legittimo proprietario che, anche quando uccide, è approvato come cittadino esemplare dalla comunità. Non si tratta di auspicare una società dove ciascuno si faccia giustizia da sé, ma, poiché si tratta palesemente di una diversità di ordine culturale, sarebbe, perciò, ora che anche da noi, maturasse la convinzione che chi ruba non è vittima di qualche ingiustizia sociale, ma è responsabile di quello che fa e delle conseguenze che gliene possono derivare.

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