- Gianni Pardo
- Venerdì, 13 Maggio 2016
Secondo vaghi ricordi di scuola, Aristotele teorizzò tre tipi di governo: quello in cui comanda uno solo, quello in cui comandano in pochi, quello in cui comandano tutti. Con relative degenerazioni, che fanno sì che si passi poi dall’uno all’altro. Ed è a quest’ultimo fenomeno che vale la pena di fare caso.
Se – per ipotesi – l’oligarchia fosse il miglior tipo di regime, i popoli non tenderebbero a rigettarla, per passare per esempio alla democrazia. E se capissero che dopo tutto questa è la migliore forma di governo, malgrado i suoi immensi difetti, non penserebbero, come tante volte è avvenuto, di migliorare la propria sorte passando dalla democrazia alla dittatura. Ma questa è una costante storica: il popolo è scontento dei suoi governanti.
L’insoddisfazione dei cittadini ha spesso solide ragioni. Nell’autocrazia e nell’oligarchia è abbastanza naturale che l’uno o i pochi agiscano nel proprio interesse più che nell’interesse del popolo. Nella democrazia, cioè nel regime in cui dovrebbero governare “tutti”, questi tutti sono praticamente sempre ignoranti, poco competenti, sensibili alle suggestioni e alla demagogia, e infatti, con la forza del loro numero, sono capaci di imporre allo Stato decisioni stupide o nocive per la collettività.
Basti dire che in Italia si è confusa l’energia atomica per fini bellici con l’energia atomica per produrre elettricità, col risultato di pagare l’energia più cara e tenersi i rischi teorici del nucleare. Infatti l’inquinamento eventualmente ce lo porterebbe il vento, dalla Francia: quella stessa Francia da cui compriamo l’elettricità di origine nucleare.
Il problema della democrazia è che il livello mentale e culturale della massa può imporre al Paese decisioni gravemente sbagliate, tanto in campo internazionale che in campo economico. Ma soprattutto, sempre per gli stessi limiti intellettuali, il popolo non è in grado di distinguere i buoni governanti dai cattivi. Gli manca infatti “il metro del possibile”.
Immaginiamo che zero corrisponda ad un governo assolutamente pessimo e cento ad un governo ideale, capace di realizzare il nuovo Paradiso Terrestre. Quest’ultimo governo è evidentemente impossibile, ma non è che la sua unica alternativa sia il “governo zero”. Rimane possibile guidare la nazione in modo da tenersi lontani dallo zero e che il governo “sufficiente” si piazzi al livello cinquanta.
Ora immaginiamo un governo che valga sessanta. Indubbiamente sarebbe eccellente e il popolo farebbe bene a tenerselo stretto. Purtroppo, dal momento che l’ideale è sempre lì, ineliminabile, il popolo, mancando di quel “metro del possibile” che avrebbe se fosse competentissimo in storia, è capace di rimproverare anche a questo ottimo governo di non avere realizzato il Paradiso in terra. E di rovesciarlo. Magari per affidarsi ad un altro tipo di governo che lo porterà ad una situazione peggiore di quella in cui era prima. Il governo degli zar era certo cattivo (35), ma la Russia, affidandosi a Lenin e successori, si procurò un governo criminale che valeva 15, 10 o forse ancora meno.
Il metro del possibile è un regalo che la natura non ci ha fatto. Quando in passato gli alchimisti cercarono la “pietra filosofale”, cioè il modo per trasformare un metallo vile in oro, non sapevano che tentavano un‘impresa impossibile, e proprio per questo spesero centinaia, migliaia di ore in esperimenti inutili. Col risultato che, mentre l’impossibile – che perseguivano – non lo realizzarono, il possibile, quello cui non pensavano neppure, lo realizzarono, e si chiama chimica.
Purtroppo in politica non funziona il meccanismo della scienza. In questa il successo o l’insuccesso dell’esperimento insegnano testardamente la via giusta, e poi l’accumulo delle conoscenze porta al trionfo tecnologico dell’età contemporanea. In politica invece l’esperimento non è ripetibile perché “non ci si bagna mai due volte nello stesso fiume”: la realtà è sempre nuova e diversa, e ciò che si è verificato in passato (per giunta spesso ignorato) non è detto che valga per il presente.
Così l’umanità crede sempre di avere trovato la “nuova” formula giusta, e passa da un regime all’altro, senza mai esserne contenta e senza neppure accorgersi, quando ha il meno cattivo dei regimi (la democrazia), che farebbe bene a tenerselo stretto, perché gli altri sono peggiori. Ma questo lo diceva un certo Winston Churchill che il popolo, in generale, non sa nemmeno chi sia.
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