di Arturo Diaconale
09 luglio 2016EDITORIALI
Matteo Renzi si è convinto che l’unico modo di evitare la crisi di governo sia di minacciare i suoi nemici interni ed esterni al Partito Democratico di rimanere segretario del proprio partito anche in caso di uscita da Palazzo Chigi. Con questa minaccia ricorda agli antirenziani dem che sarà sempre lui a scegliere chi entrerà a far parte delle liste elettorali e che userà questo potere per poter mandare a casa i riottosi e gli irriducibili. Alle opposizioni (ma anche al capo dello Stato) manda a dire che da segretario del partito si opporrà a qualsiasi tentativo di uscire dalla crisi con un qualche governo diverso dal suo e farà di tutto per provocare il ricorso alle elezioni anticipate. Questa doppia minaccia sarà sufficiente a scongiurare la sempre più incombente crisi di governo?
La domanda è senza risposta. Per la semplice ragione che al momento anche i più acerrimi nemici del Premier appaiono preoccupati di una crisi di governo prematura a cui non saprebbero dare un qualche sbocco diverso da quello di elezioni anticipate destinate a finire come le recenti amministrative di Roma e di Torino.
A meno di qualche evento imprevedibile, come una valanga giudiziaria su Angelino Alfano destinata a polverizzare il Nuovo Centrodestra, quindi, una crisi estiva appare estremamente improbabile. Non perché Renzi abbia la forza di evitarla, ma perché i suoi nemici non la vogliono affrontare in questo momento e preferiscono rinviarla a dopo il referendum costituzionale per indirizzarla verso la formazione di un governo d’emergenza nazionale con il compito di cambiare la legge elettorale e portare il Paese con la dovuta calma alla data naturale delle elezioni politiche. Il fatto che siano i nemici ad aiutare Renzi ad evitare la crisi dimostra in maniera indubitabile che la crisi è comunque un fatto compiuto. Che venga conclamata tra qualche mese non cambia la sostanza di un governo che è decotto e che non è in grado di andare avanti.
I sostenitori del Presidente del Consiglio sostengono che la colpa della decozione è degli italiani che non hanno votato per il Pd alle elezioni amministrative e dei banchieri tedeschi che si oppongono al tentativo di salvare le banche italiane con gli aiuti di Stato. Ma la verità è che la crisi nasce dal fallimento della politica economica del governo. Renzi ha puntato su una ripresa che non c’era e non si è verificata, ha pensato che bastassero la mance elettorali ed i bonus per riattivare i consumi e gli incentivi fiscali per far ripartire l’occupazione. Ma la sua ricetta semplicistica è clamorosamente fallita. E la mancata ripresa, con un aggravamento delle condizioni economiche generali evidenziato dalla tempesta bancaria, ha fatto rapidamente evaporare la bolla di consenso che il Premier si era costruito con la sua comunicazione arrembante, martellante ed invasiva divenuta di colpo controproducente ed autodevastante.
La crisi, dunque, c’è già anche se slitterà all’autunno. C’è il tempo per studiare il modo di gestirla al meglio!
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