Si e’ detto e scritto che l’Italia “intera” piange la morte di Lucio Dalla definito uno dei piu’ grandi cantautori del nostro tempo. E’ facile prevedere, convegni, tavole rotonde e persino vie, piazze, scuole, asili nido che saranno dedicate a lui. Non posso farci niente, ma non sono mai riuscito ad apprezzare l’arte di Lucio Dalla. Né mi e’ mai stato simpatico il personaggio, con la sua trasgressività “ammiccante”, lo “zuccotto” in testa, i ridicoli occhialini rotondi, le catenine e braccialettini e il folto pelame che “debordava” dalle sue magliette e camice scollacciate, ma “de gustibus non est disputandum” (i gusti non si discutono). A me la “poetica” di Dalla, chissà perché, evoca “atmosfere malsane” di una squallida stanza di albergo affittata da lucciole “low cost”. A rattristarmi, oltre alla tragedia di un uomo che e’ morto prematuramente, visto l’aumento dell’età media, e’ che un popolo intero sente di aver perso un interprete insostituibile e “niente sarà più come prima!” e che molti riterranno inammissibile che vi siano persone, non si sa se più ciniche o più incompetenti, che osano dubitare della “genialità” di Lucio Dalla. Ancora una volta viene fuori, in modo inequivocabile, l’incontenibile smania della sinistra di costruire miti sostitutivi a quelli “rivoluzionari” con quelli “piccolo-borghesi” o “nazionalpopolari”. Per questo, Fabrizio De André e’ potuto diventare un poeta in grado di “oscurare” i veri poeti italiani. Detto brutalmente, l’Italia non e’ affatto in lutto: lo sono, senz’altro, le molte migliaia di fan che affollavano i concerti di Lucio Dalla e compravano i suoi cd e si son ritrovati, in molti, commossi attorno alla sua bara per il rito funebre e la lugubre “pagliacciata” degli applausi all’uscita della bara dalla chiesa. Ma ci sono milioni di italiani che non pensano affatto che l’Italia abbia subito una gran perdita e abbassano commossi semplicemente il capo al rintocco della campana indifferenti al fatto che suoni a martello per un protagonista dello “star system” o per uno sconosciuto. Per carità di Dio! I media dovevano informare eccome, fare servizi, mobilitare inviati speciali e telecamere, ma evitando la “nazionalizzazione del lutto” che e’ lecita solo quando muore una grande figura istituzionale che sia riuscita “davvero” a imporsi al rispetto di tutti per aver dato benessere e progresso all’Italia. Ma ditemi un po’, ma che Paese e’ l’Italia se “Il Messaggero” di Roma (ma non solo lui) ha dedicato ben cinque pagine (ripeto: cinque pagine!) alla dipartita di Lucio Dalla, ma non ha ricordato, neppure con due righe relegate in un angolino di una pagina, che il 29 febbraio 2012 ricorreva il 220mo anno dalla nascita del grande compositore pesaresee conosciutissimo “universalmente” qual’e' Gioachino Rossini?
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