Avete problemi? Affidatevi agli organi rappresentativi, ai comitati di assistenza, alle associazioni regionali, ai “Cavalieri” e ai “Commendatori” dell’ordine “della Stella della solidarietà italiana”.
Dalla mia esperienza di volontario per assistere le persone anziane, sia a domicilio che nelle case di riposo (inizialmente per conto di un comitato di assistenza italiano e successivamente “privatamente”), con grande “sconcerto”, mi si e’ rivelato un mondo, in alcuni casi “cinico” e “crudele”, che credevo impossibile che esistesse. Non voglio generalizzare perche’, per fortuna, la stragrande maggioranza delle case di riposo, oltre ad essere socialmente utili, svolgono il loro compito con la massima efficienza, professionalità, compassione e scrupolosità. Mettiamo pero’ il caso che una casa di riposo, per non perdere il profitto (che sembra sia molto alto) che ricava da un suo “assistito”, lo tenga “segregato” e gli “impedisca” di ritornare a vivere una vita normale avendone i requisiti fisici e mentali, soltanto perche’ e’ persona sola e abbandonata, ed anche perche’, purtroppo, ha soltanto la cittadinanza australiana avendo perso quella italiana molti anni fa ed e’ per questo che l’Ambasciata ed il Consolato italiano non possono intervenire a sua protezione. Ma verrebbe subito da pensare che, se una persona si trovasse in queste condizioni, “immediatamente” in suo aiuto entrerebbero in “azione” gli “organi rappresentativi” degli italiani all’estero, ossia i COMITES (comitati degli italiani all’estero), il CGIE (Comitato generale italiani all’estero), i parlamentari eletti all’estero (in Australia Nino Randazzo e Marco Fedi), le associazioni regionali, il CO.AS.IT. (Comitato assistenza italiani), la Filef (Federazione Italiana Lavoratori Emigrati e le Loro Famiglie), ed anche gli “insigniti” dell’onorificenza di “Cavalieri” e “Commendatori” dell’ordine della “stella al merito della solidarietà italiana”. Tutti, infatti, si “dichiarano” a disposizione degli italiani all’estero specialmente di chi e’ in difficoltà. Circa un anno fa’, durante le mie visite settimanali alle case di riposo per conto di un comitato di assistenza italiano, incontrai Oreste (per la legge sulla “privacy” non uso il suo vero nome). Subito mi resi conto che era una persona “autosufficiente” anche se aveva alcune disabilità, ma non cosi’ gravi da essere costretto a vivere “segregato” in una casa di riposo esclusivamente destinata alla cura di persone “totalmente inabili”. Oreste e’ di un anno piu’ giovane di me. Fui “atterrito” nell’immaginare il triste e terrificante destino che lo attendeva. Mi diedi subito da fare per poterlo trasferire in una casa di riposo dove potesse avere, nel limite del possibile, una vita migliore di relazione con altre persone di origine italiana considerato dove si trovava era completamente “isolato”. Questo mio tentativo fu osteggiato “accanitamente” dai dirigenti della casa di riposo e lo considerarono “inopportuno”. Protestarono con la direzione del comitato di assistenza del quale facevo parte. Fui convocato e venni messo di fronte a due opzioni: seguire le regole formali, oppure continuare ad aiutare Oreste ma, in quel caso, avrei dovuto dimettermi. Ovviamente scelsi la seconda opzione. Nelle mie visite successive venni a sapere che Oreste aveva dei fratelli in Italia. Mi misi immediatamente in contatto con loro e fui molto felice nell’apprendere che lo avrebbero molto ben volentieri ospitato a casa loro se fosse ritornato permanentemente in Italia. A quel punto pensavo che, per motivi “compassionevoli” ed “umanitari”, avrei avuto la collaborazione dei dirigenti della casa di riposo: fu pia “illusione”. Anzi, misero in atto un incredibile “stratagemma” per non perdere il loro “cliente”. Evidentemente molto “prezioso”. Sino a quel momento Oreste era una persona “libera” di decidere “autonomamente” la sua residenza, per “annullare” questa sua’ facoltà e per “incastralo”, lo costrinsero a sottoporsi ad un test psicologico (gli addebitarono persino il costo) perche’ fosse dichiarato incapace di intendere e di volere. A quel punto il Tribunale gli assegnò un “Public Guardian” con il potere di decidere il luogo della sua residenza e cosi’ gli ha “intimato” di continuare a risiedere nella casa di riposo dove lo tengono “segregato”. C’e’ qualche cosa che non quadra in questa storia che va “contro ogni principio umano”. Un parente di Oreste, settimane fa, e’ arrivato in Australia per convincere il Public Guardian di permettere il suo ritorno nel suo paese nativo, purtroppo il tentativo e’ risultato vano. Gli “organi rappresentativi” degli italiani nel mondo, le associazioni regionali, i comitati di assistenza, i “Cavalieri” ed i “Commendatori” dell’ordine della “stella al merito per la solidarietà italiana” hanno un’ottima occasione per dimostrare la loro “solidarietà” e per aiutare chi e’ veramente nel bisogno.
Dalla mia esperienza di volontario per assistere le persone anziane, sia a domicilio che nelle case di riposo (inizialmente per conto di un comitato di assistenza italiano e successivamente “privatamente”), con grande “sconcerto”, mi si e’ rivelato un mondo, in alcuni casi “cinico” e “crudele”, che credevo impossibile che esistesse. Non voglio generalizzare perche’, per fortuna, la stragrande maggioranza delle case di riposo, oltre ad essere socialmente utili, svolgono il loro compito con la massima efficienza, professionalità, compassione e scrupolosità. Mettiamo pero’ il caso che una casa di riposo, per non perdere il profitto (che sembra sia molto alto) che ricava da un suo “assistito”, lo tenga “segregato” e gli “impedisca” di ritornare a vivere una vita normale avendone i requisiti fisici e mentali, soltanto perche’ e’ persona sola e abbandonata, ed anche perche’, purtroppo, ha soltanto la cittadinanza australiana avendo perso quella italiana molti anni fa ed e’ per questo che l’Ambasciata ed il Consolato italiano non possono intervenire a sua protezione. Ma verrebbe subito da pensare che, se una persona si trovasse in queste condizioni, “immediatamente” in suo aiuto entrerebbero in “azione” gli “organi rappresentativi” degli italiani all’estero, ossia i COMITES (comitati degli italiani all’estero), il CGIE (Comitato generale italiani all’estero), i parlamentari eletti all’estero (in Australia Nino Randazzo e Marco Fedi), le associazioni regionali, il CO.AS.IT. (Comitato assistenza italiani), la Filef (Federazione Italiana Lavoratori Emigrati e le Loro Famiglie), ed anche gli “insigniti” dell’onorificenza di “Cavalieri” e “Commendatori” dell’ordine della “stella al merito della solidarietà italiana”. Tutti, infatti, si “dichiarano” a disposizione degli italiani all’estero specialmente di chi e’ in difficoltà. Circa un anno fa’, durante le mie visite settimanali alle case di riposo per conto di un comitato di assistenza italiano, incontrai Oreste (per la legge sulla “privacy” non uso il suo vero nome). Subito mi resi conto che era una persona “autosufficiente” anche se aveva alcune disabilità, ma non cosi’ gravi da essere costretto a vivere “segregato” in una casa di riposo esclusivamente destinata alla cura di persone “totalmente inabili”. Oreste e’ di un anno piu’ giovane di me. Fui “atterrito” nell’immaginare il triste e terrificante destino che lo attendeva. Mi diedi subito da fare per poterlo trasferire in una casa di riposo dove potesse avere, nel limite del possibile, una vita migliore di relazione con altre persone di origine italiana considerato dove si trovava era completamente “isolato”. Questo mio tentativo fu osteggiato “accanitamente” dai dirigenti della casa di riposo e lo considerarono “inopportuno”. Protestarono con la direzione del comitato di assistenza del quale facevo parte. Fui convocato e venni messo di fronte a due opzioni: seguire le regole formali, oppure continuare ad aiutare Oreste ma, in quel caso, avrei dovuto dimettermi. Ovviamente scelsi la seconda opzione. Nelle mie visite successive venni a sapere che Oreste aveva dei fratelli in Italia. Mi misi immediatamente in contatto con loro e fui molto felice nell’apprendere che lo avrebbero molto ben volentieri ospitato a casa loro se fosse ritornato permanentemente in Italia. A quel punto pensavo che, per motivi “compassionevoli” ed “umanitari”, avrei avuto la collaborazione dei dirigenti della casa di riposo: fu pia “illusione”. Anzi, misero in atto un incredibile “stratagemma” per non perdere il loro “cliente”. Evidentemente molto “prezioso”. Sino a quel momento Oreste era una persona “libera” di decidere “autonomamente” la sua residenza, per “annullare” questa sua’ facoltà e per “incastralo”, lo costrinsero a sottoporsi ad un test psicologico (gli addebitarono persino il costo) perche’ fosse dichiarato incapace di intendere e di volere. A quel punto il Tribunale gli assegnò un “Public Guardian” con il potere di decidere il luogo della sua residenza e cosi’ gli ha “intimato” di continuare a risiedere nella casa di riposo dove lo tengono “segregato”. C’e’ qualche cosa che non quadra in questa storia che va “contro ogni principio umano”. Un parente di Oreste, settimane fa, e’ arrivato in Australia per convincere il Public Guardian di permettere il suo ritorno nel suo paese nativo, purtroppo il tentativo e’ risultato vano. Gli “organi rappresentativi” degli italiani nel mondo, le associazioni regionali, i comitati di assistenza, i “Cavalieri” ed i “Commendatori” dell’ordine della “stella al merito per la solidarietà italiana” hanno un’ottima occasione per dimostrare la loro “solidarietà” e per aiutare chi e’ veramente nel bisogno.
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