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mercoledì 3 luglio 2013

Quando l'acqua arrivera' alla gola.

Lorenzo Matteoli

02 luglio 2013
 
Si potrebbe anche pensare che un governo di coalizione PD-PdL dovrebbe essere proprio quello in grado di fare le riforme che un governo a traino esclusivo PD o a traino esclusivo PdL non potrebbe fare e sarebbe comunque bene che non facesse come hanno dimostrato precedenti infauste esperienze. Una coalizione d’emergenza con una maggioranza d’emergenza dovrebbe essere in grado di prendere le decisioni impopolari obbligatorie per uscire dal tunnel. Invece così non è. La coalizione non serve per associare i due maggiori partiti sulle logiche, urgenti e imprescindibili priorità comunemente condivise.
Serve invece perché su queste priorità scattino via, via i veti delle parrocchie e sette interne, o delle lobby legate all’una o all’altra parte. Oppure il capriccio degli “ego” di capetti e aspiranti leaderini. Risultato: blocco operativo, rinvii sine die, rinunce, silenzi conniventi, furbizie interattive. Né Letta, né Alfano né i loro ministri hanno la forza politica e il coraggio di affrontare quello che oramai è diventato un luogo comune: dismissione di beni demaniali, taglio degli sprechi e taglio della spesa corrente: critico, articolato, strategico, attento alle specificità ma, chiaramente taglio. Con le sofferenze implicite, con le conseguenti proteste e resistenze e impopolarità. Ma taglio deve essere, e anche pesante. Si preferisce aumentare il carico fiscale su un sistema oramai in stato di avanzato coma per le tasse con una cecità che va oltre l’irresponsabilità suicida: si tratta di incoscienza politicamente criminale. Sui grandi problemi si insediano comitati affollatissimi sul cui mandato ci si accapiglia con il risultato di impantanare pure quelli. Intanto il paese soffoca, le imprese chiudono o se ne vanno, il debito aumenta nonostante il carico fiscale plumbeo, la preoccupazione di un’Europa anche lei malata di inconcludenza, aumenta, il sospetto dei mercati cova, il disgusto della gente aumenta. Sembra che sia più sopportabile la lenta asfissia di tutto il sistema, che le proteste dei settori colpiti dai tagli. Tagli che sono il passaggio obbligato per rimettere in modo il sistema e quindi strategicamente anche di quelli temporaneamente sacrificati.
Lo spettacolo dei rinvii, delle ipocrisie, delle puerili finzioni è quotidiano e disarmante. Gli esempi sono correntemente trattati su questo sito e ben documentati: il balletto IMU, IVA, IRAP. Il veto di regime imposto dal PD su qualunque ipotesi di riforma della giustizia che è invece la riforma nodale tutelare e attirare investimenti e per far scattare tutto il sistema fuori dalla palude. La ridicola idea che detassando le nuove assunzioni gli imprenditori assumano giovani (esenzione di diciotto mesi impegni a tempo indeterminato!) anche se non hanno ordini e non hanno mercato per i loro prodotti. Un altro equivoco è la speranza ingenua che le elezioni in Germania comportino un cambiamento della politica finanziaria dell’Europa e che questo cambiamento consenta all’Italia di uscire dal guano senza pagare lo scotto e senza fare le riforme che sono comunque indispensabili per riportare il sistema economico italiano in condizioni di competitività. In questa situazione il denaro e le imprese fuggono dall’Italia e la crisi si avvicina sempre più rapidamente al punto di rottura.
Quando il debito pubblico italiano non sarà più collocabile sui mercati finanziari: fra un mese, un anno, due anni, o domani, le contraddizioni e le ipocrisie di questo o del prossimo governo galleggiante saranno allo sconto. I bisticci delle varie burocrazie e le lotte di poterucolo dei vari caporali del PD e del PdL andranno finalmente a sbattere contro il muro finale. Quando non ci saranno i soldi per pagare l’interesse sul debito pubblico, quando non ci saranno i soldi per pagare stipendi e pensioni, quando non ci saranno i soldi per comprare l’energia per riscaldare case e far funzionare i servizi essenziali e vitali…cosa penseranno gli italiani delle dichiarazioni apodittiche e di principio che adesso vengono sparate da vari “signori e signore della guerra” sulle riforme, giustizia, lavoro, sanità, scuola? Cosa penseranno gli italiani degli attuali atteggiamenti sterilmente ideologici e sui “tagli” non negoziabili, e sulle carriere politiche dei vari pigmei delle segreterie costruite sull’arroganza dei veti finalizzati all’affermazione delle diverse presunzioni? Mai più questo, mai più quello, questo impresentabile e quello inaccettabile, la “giustizia fuori dal perimetro delle riforme” (Finocchiaro), non creda il PdL che…, non pensi il PD che … etc.
È possibile che partiti, sindacati, fondazioni, istituti finanziari non abbiano think tanks che lavorano su questi scenari? Ma è poi proprio necessario un think tank per vedere quello che è sotto gli occhi di tutti? È possibile che ministri informati e competenti non siano in grado di reagire in modo meno modesto e subalterno alla emergenza congiunturale? Questa classe politica non sembra avere imparato nulla dalle tante lezioni: la Grecia, il fallimento del governo Monti anche lui incompetente verboso galleggiatore che adesso vuole dare lezioni di efficienza, il successo di Grillo, il successo del partito degli assenti. Interpretano nel modo sbagliato il primato della politica che discende innanzitutto dal primato della prassi. Fermi e immobili sui loro inutili decreti annunciano un “fare” che non sanno nemmeno da che parte comincia. Prigionieri di antichi schemi e di vecchia cultura impolitica, al guinzaglio di burocrazie ministeriali onnipotenti e arroganti. A luglio in Italia scatta la sindrome dell’estate: non si fa più nulla fino a settembre, mentre nel mondo globale tutto continua a correre e a rotolare.
Quando l’acqua sarà arrivata alla gola le misure drastiche inderogabili saranno calate pesanti, impietose e senza preavviso: rapina notturna sui conti correnti, taglio delle pensioni, taglio degli stipendi statali, sospensione dei debiti della Pubblica Amministrazione. Enrico Letta sarà travolto e Napolitano, non potendo sciogliere le camere per andare a nuove elezioni con il vecchio porcellum, darà un nuovo incarico: la gara per la nomina è già cominciata. E il gioco delle improbabili alternative è aperto. Ma stiano tranquilli tutti i “primi della classe” dei partiti: il prossimo capo del governo di salute pubblica potrebbe essere un generale dei Carabinieri. Nei secoli fedele. Ci aspetta un nuovo autunno caldo. Fra tutti gli annunci l’unico che non viene dato.

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