Ecco i censori dei teatrini politici, del chiacchiericcio senza costrutto,
delle polemicuzze incomprensibili che ora vengono allo scoperto.
Ecco gli schifiltosi aristocratici delle banche e delle industrie che per
anni ci hanno ammannito dai loro giornali lezioncine sui politici parolai,
fannulloni e pure – a volte – delinquenti, e comunque sempre dediti a
starnazzare tra loro.
Che la decadenza non riguarda ormai soltanto Silvio
Berlusconi si sta comprendendo in questi giorni. La decadenza riguarda
i presunti, o sedicenti, poteri forti.
Hanno prima iniziato a battibeccare su passato e futuro del Corriere
della Sera due personalità che più distanti non sono immaginabili: il
cauto e diplomatico Giovanni Bazoli, presidente del Consiglio di
sorveglianza di Intesa, e l’irruento e bizzoso Diego Della Valle, patron
di Tod’s e azionista di Rcs, smanioso di salire e contare nelle stanze di Rcs e
bramoso di far sloggiare dalla stanza dei bottoni il banchiere bresciano.
Il quotidiano concorrente Repubblica si è deliziato
nell’ospitare prima l’ennesima intervista a Della Valle che ha
strapazzato l’arzillo vecchietto Bazoli e poi nel ricevere il pensoso
pensiero del solitamente silenzioso presidente di Intesa che si è prodigato in
un colloquio sempre con il giornalista finanziario Giovanni Pons per
rispondere a tono al patron di Tod’s svelando – o meglio ricordando – qualche
scheletrino nell’armadio di Rcs ad opera di dellavalliani di complemento.
Qualche esempio? Quando un montezemoliano rinomato come l’ex amministratore
delegato di Rcs, Antonello Perricone, concluse l’acquisto della
spagnola Recoletos, uno dei tanti mali che stanno incancrenendo i conti di Rcs,
e quando la combriccola montezemoliana anti Casta tentò in passato di far
nominare direttori del Corsera un po’ troppo berlusconiani per l’ambiente finto
austero e finto asettico di via Solferino.
Ma la decadenza, come si diceva, non riguarda Berlusconi e il
Corriere ma pure Repubblica. O meglio, il patron di
Repubblica: il fiero ingegner Carlo De Benedetti.
Il gruppo Espresso si è sempre prodigato, con gran profitto e cospicui consensi
di pubblico, nel fustigare l’inconcludenza parolaia dei politici ergendosi a
maestrini della morale e delle buone maniere. Ma la regola, come si sa, prevede
un’eccezione. Così ieri l’Ingegnere ha vomitato livore verso due
imprenditori-capitalisti come Roberto Colannino e Marco
Tronchetti Provera.
Qui ci si limita a dare il benvenuto a cotanti illuminati capitalisti nel
teatrino giornalistico, degno specchio del cortile industrial-finanziario
italiano sull’orlo della decadenza.
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