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martedì 25 settembre 2018

Draghi bacchetta l'esecutivo: "Danni a famiglie e imprese"

Il presidente Bce denuncia: "Da aprile i tassi dei prestiti delle banche aumentati tra 20 e 64 punti, pure di più"

Spread schizzato a quota 272, interessi saliti «tra 20 e 64 punti base», imprese in affanno, cittadini costretti a fare salti mortali per ripagare i piccoli prestiti.







Certo, prima di giudicare la manovra Mario Draghi vuole «aspettare i fatti», cioè «la presentazione del disegno di legge di bilancio e la discussione parlamentare, entrambi momenti importanti e delicati». Ma quello che lui pensa delle chiacchiere in libertà della maggioranza gialloverde è agli atti: «Le parole hanno fatto danni perché le famiglie e le imprese pagano tassi più alti di quelli di prima».
Il presidente della Bce è preoccupato della piega che hanno preso le cose dopo le elezioni del 4 marzo e non lo nasconde. Già la settimana scorsa, scontrandosi con Matteo Salvini, aveva criticato i troppi annunci del governo e gli effetti negativi sui mercati e sulle tasche degli italiani. E adesso che la Finanziaria si avvicina, decide di tornare sull'argomento davanti alla commissione affari monetari del Parlamento europeo, fornendo tutte le cifre del disastro.
E non si tratta di opinioni, precisa. «L'evidenza che noi abbiamo - spiega Draghi - è che, da aprile in poi, le banche sui nuovi prestiti hanno aumentato di 20 punti base i prestiti soprattutto alle piccole e medie imprese, mentre per le grandi imprese che emettono titoli obbligazionari i costi sono andati più su, molto più su. Si parla di 64 punti, con garanzie e clausole più esigenti». Problemi grossi anche per le famiglie: «È soprattutto nel credito al consumo, cioè per i piccoli prestiti, che i tassi sono aumentati di circa 20 punti, forse pure qualcosa di più». Per quanto riguarda i mutui invece «il processo è più lento» ma, prevede ancora Draghi, purtroppo la stretta arriverà, eccome.
Conclusione: «Mentre le imprese degli altri Paesi continuano a pagare tassi che erano quelli di prima, forse anche più bassi», l'Italia sconta gli strappi di chi adesso guida il Paese. E cioè, la finanza creativa, il piano B di Paolo Savona per uscire dalla moneta unica, gli attacchi continui a Bruxelles, la voglia matta di trovare i soldi per flat-tax e reddito di cittadinanza sforando il tetto dell'1,6% e aumentando il debito. Il dibattito politico sulla prossima manovra, così come l'incerta politica economica del governo Conte, stanno dunque influenzando negativamente i mercati e provocando dei costi inattesi per tutti.
Questo, in soldoni, è il grafico del danno, quantificato dal presidente della Banca centrale. Ma Draghi, incalzato da alcuni eurodeputati tedeschi, deve pure difendere l'operato di Francoforte e l'uso del Quantitative Easing. Qualcuno insinua favoritismi nei confronti dell'Italia, lui risponde a muso duro. «Non è assolutamente vero che la Bce ha offerto all'Italia dei prestiti, la Banca centrale europea ha comprato dei titoli sovrani e dei titoli di società in ogni Paese a secondo del suo capitale di riferimento. Non c'è alcun privilegio nei confronti di un Paese. Noi facciamo la politica monetaria per tutti gli Stati, vogliamo la stabilità dei prezzi in tutta l'Europa non in una nazione o in un altra».
Quanto alle prospettive, per Draghi «la crescita di Eurolandia rimane ampia, l'inflazione è al 25 e la ripresa è relativamente vigorosa», anche se le «minacce provenienti da protezionismo, vulnerabilità nei mercati emergenti e volatilità dei mercati finanziari sono diventate più importanti». Il Quantitative Easing è «in dirittura d'arrivo», però niente paura, la politica monetaria di Francoforte continuerà a essere «accomodante».

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