Powered By Blogger

domenica 12 luglio 2009

L'Aquila e Berlusconi

Domenica 12 Luglio 2009


Scritto da Mario Monti

Con il G8 il presidente del Consiglio ha ottenuto un importante successo, per l'immagine dell'Italia e per la propria leadership. Come lo utilizzerà? A Berlusconi sono stati rivolti in questi giorni vari consigli: condivida il successo di politica estera con l'opposizione, lo trasformi in un atteggiamento più conciliante in politica interna. E' auspicabile che il pre­mier sia sensibile a tali sug­gerimenti, anche se le sue prime dichiarazioni non vanno in questa direzione.Al di là dello stile, quale progetto politico potrebbe dare al governo un colpo d'ala, sullo slancio e nello spirito dell'Aquila? Berlusconi dovrebbe ispirarsi proprio all'aquila: rapace di grande prestanza fisica, ma che ha il suo vero pun­to di forza nella vista, capace di fissare nitidamente obiettivi lontani. L'obiettivo: l'Italia del 2015-2020. Il progetto: un insieme coerente di riforme per la crescita dell'economia e della società.Singoli ministri, di fronte alle resistenze che ogni riforma comporta, possono chiedersi se l'Italia, colpita dalla crisi meno di altri Paesi, abbia davvero bisogno di riforme; e se sia opportuno chiedere uno sforzo di riforma durante una crisi. Ma il capo del governo non può non vedere che la sua legacy , l'opinione che in futuro si avrà della sua opera, dipenderà dalla realizzazione o meno di un tale progetto, non da una serie di vittorie contingenti contro gli avversari.Berlusconi ha saputo costruirsi un consenso vastissimo, tra gli italiani di oggi. Ma per avere quello degli italiani di domani, per essere considerato un gior­no colui che avrà reso l'Italia più moderna e più giusta, non colui che avrà sprecato una grande occasione, deve trasformare in riforme il consenso che ha og­gi, anche a costo di perder­ne un po'.Riduzione strutturale della spesa pubblica corrente, riforma delle pensio­ni anche per rendere meno precario il lavoro dei giovani, riforme incisive nella scuola e nell'università, introduzione di una maggiore concorrenza per aprire i mercati e ridurre le rendite, liberalizzazione dei servizi e specialmente dei servizi pubblici locali: queste sono — lo ricordavo di recente («L'Italia ha bisogno di una data chiave» Corriere , 28 giugno) — alcune ri­forme necessarie.Angelo Panebianco («I veri ostacoli alle riforme» Corriere , 6 luglio) ha osser­vato che l'assenza di incisive riforme in questi settori «obbliga da decenni l'economia italiana a funziona­re a basso regime», ma d'altra parte «assicura al Paese condizioni di stabilità so­ciale e territoriale». Si chiede lucidamente Panebianco: «Ciò significa che non bisogna fare quegli interventi riformatori? Bisogna farli di sicuro, a meno che non ci si rassegni definiti­vamente all'idea che la de­mocrazia italiana possa reggere solo se si accettano bassi tassi di crescita (anche a crisi superata) e forse, in prospettiva, un ulteriore impoverimento complessivo. Ma bisogna anche individuare le strategie utili per attutire gli inevitabili contraccolpi » .Questo è il dilemma che Berlusconi, rafforzato dopo l'Aquila sul piano interno e internazionale, ha di fronte a sé. Si propone di gestire l'Italia nello spirito di una buona amministrazione ordinaria? O si sente di dedicare i prossimi quattro anni a un programma straordinario che, con le opportune misure di accompagnamento, introduca radicali riforme affinché l'Italia non debba rassegnarsi e possa avere sia la democrazia sia la crescita?

Nessun commento: