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lunedì 26 marzo 2012

Se si spende più di quanto si guadagna fatalmente ci si caccia in guai seri.

In tutti i secoli, nei periodi di crisi finanziaria, i cittadini sono stati sempre sicuri che “in un modo o nell’altro ce la si sarebbe cavata”, che una soluzione si sarebbe trovata. Che comunque “Roma e il suo Impero erano destinati all’eternità”. Cosi’ ognuno si “arrabattava” a vivere la propria vita e non percepiva la lenta “decadenza” che minava il mondo. Finché i romani si sono creduti “invincibili” ed hanno sentito il dovere di difendere la patria, Roma si e’ ingrandita. Quando hanno cominciato a credersi “invulnerabili” ed hanno affidato ad altri la propria difesa, Roma e’ sparita dalla storia. Non hanno tenuto conto di un paio di “regolette” semplici: “se non sai difenderti, morirai” e se affidi la cura dei tuoi interessi a qualcun altro, un giorno scoprirai che quello “fa i suoi interessi e non i tuoi”. Nell’epoca in cui viviamo si e’ voluto dimenticare un fondamentale principio: “Se si spende più di quanto si guadagna fatalmente si va a sbattere”. Per anni ed anni, l’Italia ha speso molto più di quanto guadagnava “e tutti erano contenti”. Perché “non succedeva niente”. L’Italia prosperava invece di fallire. E allora perché non regalare qualcosa a tutti, perché non fare altre spese, perché non dare di piu’ a chi chiedeva magari minacciando? In una parola: perché non comprare il consenso? Non bisogna pensare che i politici degli anni 70/90 fossero tutti “stupidi”. Il principio per cui “non si può spendere più di quanto si guadagna” lo conoscevano benissimo, ma perche’ preoccuparsene? Se la crescita economica continuerà, nel futuro con le imposte si copriranno tutte le spese che facciamo oggi. E perché non doveva continuare quella crescita? Comunque, se nel caso i debiti dello Stato divenissero troppo onerosi, una bella “svalutazione” rimetterebbe le cose a posto. E questo e’ stato fatto più volte. I governanti di quel tempo non volevano perdere le elezioni, ed e’ cosi’ che la Democrazia Cristiana era costantemente al potere (consociata sotto banco con i comunisti) e nessuno poteva scalzarla. Tutti erano convinti del fatto che l’Italia non poteva mai crollare e cominciavano a pensare che quella regola (“non puoi spendere più di quanto guadagni”), dopo tutto, poteva essere non valida. Erano anni che non l’applicavano e tutto continuava ad andare benissimo. Se fa caldo da vent’anni, perché non dovremmo parlare di “cambiamento del clima”? Ma venti anni di seguito, per l’uomo e’ un tempo sufficiente per trarre delle conclusioni, mentre per la Terra quel tempo e’ del tutto insignificante e cos’ lo e’ anche in economia. Siccome tutto va bene “madama la marchesa”, si e’ divenuti così fiduciosi del fatto che l’Italia non potesse fallire, e Prodi ha accettato un cambio lira-euro del tutto sbagliato (1936,27 lire per ogni euro quando la valutazione giusta era attorno alle 1200 lire) e ci si e’ impegnati a non procedere mai più a svalutazioni. Il risultato l’abbiamo visto. Con l’euro i prezzi sono pressoché raddoppiati, non si e’ più potuto “svalutare” la moneta, il debito pubblico e’ rimasto “altissimo”, e infine i mercati finanziari si sono molto allarmati che l’Italia potesse fallire. Fra l’altro, non e’ detto che questo pericolo sia del tutto scongiurato. Oggi nessuno, neppure il governo Monti, sa esattamente come ridivenire competitivi in campo internazionale e come sopravvivere. E nessuno sa come toglierci di dosso un debito pubblico mostruosamente grande. Chi va contro i principi del buon senso, chi arriva a negare l’evidenza, chi pensa che possa avere tutto quello che desidera, prima o poi sbatte la faccia contro la “dura roccia” della realtà.

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