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mercoledì 9 maggio 2012

Occorre ritornare alla politica prima che sia troppo tardi.

Per farlo abbiamo bisogno di gente che ci creda. E che sia “credibile”. Abbiamo bisogno di una classe dirigente che non è quella sulla scena da sempre. Questo governo ha portato solo “problemi”. Con il pretesto dello spread (che sostanzialmente e’ rimasto invariato da novembre 2011) Monti ha fatto la figura del “maggiordomo” della Merkel. Con la scusa della crisi e con la giustificazione che l’Italia potesse fare la fine della “Grecia” sono state alzate tutte le imposte già esistenti e sono state create numerose e nuove tasse. E’ diventato una barzelletta a livello mondiale il “governo dei professoroni tecnici italiani”. Su “Facebook”, il più grande social network di tutti i tempi, vengono raccolte migliaia di “barzellette” sul governo Monti che non estremizzano i piccoli difetti per renderli ridicoli, perché se c’è una caratteristica che proprio non manca al’attuale governo e’ proprio l’essere “ridicolo”. Chiamato al capezzale della Repubblica da Napolitano e dal Pd e Casini, evidentemente i “professoroni” hanno capito che da soli non potevano farcela ed hanno chiesto aiuto ad altri “professoroni” per farsi dare una mano. Curiosamente uno di questi, Francesco Giavazzi, non aveva risparmiato a Mario Monti, e alla sua squadra, critiche “feroci” nei mesi scorsi: un motivo in più per “cooptarlo” nella squadra dei “risanatori”. Della quale fanno parte, come si sa, il “risanatore” per eccellenza Enrico Bondi e il “public servant” in servizio permanente, Giuliano Amato (pensionato d’oro a 31mila euro mensili e uno dei simboli della casta degli sprechi) con l’esplicito mandato di riformare i partiti. Questi, naturalmente, non vedono l’ora che nei loro affari “metta becco” uno che li conosce bene per averne fatto parte da “milioni” di anni.  Amato, nel suo primo mandato da Presidente del Consiglio si trovò ad affrontare una difficile situazione finanziaria. Per questa ragione, l’11 luglio del 1992, emise un decreto da 30,000 miliardi di lire in cui tra le altre cose veniva deliberato (retroattivamente al 9 luglio) il prelievo forzoso del 6 per mille da tutti i conti correnti bancari, nessuno escluso, per “l’interesse nazionale” per fronteggiare “una situazione di drammatica emergenza della finanza pubblica”. Siamo giunti alla frutta. Vorremmo che qualcuno spiegasse a che cosa servono “tre nuovi super risanatori”, quando sei mesi fa ne sono stati nominati una ventina che, sino a oggi, non sembra abbiano fatto granché. L’unica cosa “geniale” da loro fatta è la “pazzesca” manovra fiscale che non solo sta impoverendo tutti i cittadini, ma rischia di far fallire l’Italia. Tassa dopo tassa, l’Italia sta “affondando”. Di crescita, sviluppo, equità, salari non se ne parla. Siamo in balia di un manipolo di signori (il cui “snob protettore” Pier Ferdinando Casini s’incarica ogni giorno di difendere) che non stanno risolvendo i problemi per i quali erano stati chiamati al governo. Cos’altro dobbiamo aspettare? E’ ora che la politica ritorni, che si rimetta al centro della scena. E’ ora che la gente si appassioni, partecipi, intervenga e faccia proposte. Bisogna che torni l’entusiasmo, per la politica “quella con le idee” come non se ne vede da molto tempo. Tutto ora e’ relegato nei salotti televisivi “noiosi” e nelle non meno noiose dichiarazioni che continuamente “sformano” i “dinosauri” della politica che mai dicono “qualcosa di sensato”. Quel che rimane della politica in Italia sono i “rimasugli” dei “professoroni tecnici” sul punto di gettare la spugna. E’ tempo che la politica rinasca attorno a idee. Chi potrebbe porre mano a quest’opera dopo che tutti i protagonisti della Seconda Repubblica hanno fallito miseramente? Le forze politiche devono trovare le ragioni del loro fallimento. I “nuovi” partiti dovranno essere composti di “forze nuove” capaci e credibili e devono essere più responsabili stringendosi tutti intorno alla bandiera nazionale, sia chi sarà al governo e sia chi si troverà all’opposizione, per raggiungere tutti assieme l’interesse generale del Paese. Non ci rimane che sperare (o sognare) che questo si realizzi al più presto.

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