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sabato 23 gennaio 2010

L'orgoglio di essere italiani. Le sfide che attendono le nuove generazioni non sono piu' difficili di quelle affrontate dai loro nonni.

Che cosa significa essere italiani? Significa non “denigrarsi” sempre e comunque continuamente, sport nazionale che ci e’ molto congeniale e che alcuni “amano” sopra ogni cosa. Significa essere coscienti che la nostra storia e la nostra cultura fanno di noi un popolo importante e molto speciale, quali che siano i problemi che l’Italia debba affrontare oggi. Significa capire che in molti Paesi occidentali possono esserci realtà, politiche e sociali, migliori di quelle di cui abbiamo, ma questo non significa che tutto sia meglio che in Italia, meglio di noi italiani. Continuando con questa “autodenigrazione”, cosi provinciale e molto poco intelligente, siamo finiti (e continueremo) per essere lo “zimbello” di tutti e questo, molto probabilmente, e’ stato uno dei motivi per cui l’Australian Financial Review non ha avuto scrupoli di “deriderci” e “vilipendere” l’Italia pubblicando la vergognosa mappa. “Se gli italiani si sputtanano da loro stessi, perché non possiamo farlo noi”, avrà pensato l’editore dell’AFR, e non ci ha pensato due volte a pubblicare la “vignetta” da lui considerata ”comica”. E’ soltanto uno “scherzo” ci ha voluto informare. Allora, dato che si tratta di uno “scherzo” per ridere, ho inviato, e continuerò a farlo, delle “simpatiche” lettere all’editore dell’AFR, cosi’ “tanto per scherza’”. Immagino che si sono fatti e si faranno “matte” risate! E sì perché, se i signori dell’AFR sono sicuri che noi italiani ci siamo “sbellicati” dalle risate per le parolacce e gli insulti che hanno affibbiato alle nostre regioni ed ai nostri paesi, anche loro rideranno a “crepapelle” per il fatto che ho “rigirato” loro gli stessi “sberleffi”. Perché dovrebbero offendersi? E’ soltanto uno scherzo! Essere italiani significa mantenere “orgogliosamente” la nostra identità, ma prima dobbiamo “volerne” ed “averne” una, quindi poi “rispettarla” e “proteggerla” per stare sempre con l’Italia nel “bene e nel male”. Dovremmo tutti essere d’accordo con Ida Magli: “Gli italiani hanno avuto e hanno intelligenza e creatività superiore a tutti gli altri popoli. Per questo sono stati e sono superiori”. (Elogio agli italiani, Rizzoli, 2000). Naturalmente, la superiorita’ ci viene dalla nostra storia e da come ci ha formati e sviluppati, certo non da questioni di “razza”. Invece ci “autodenigriamo” per le quotidiane “miserevoli” notizie della cronaca e della politica. Significa che “stupidamente” ignoriamo la nostra gloriosa storia secolare che ha fatto (e fa) di noi un grande popolo. E’ lo stesso motivo per cui i francesi si sentono (e sono) un grande popolo. Loro, pero’, non si “autodenigrano”, ma si “compiacciono” ed amano se stessi e la propria nazione, e per questo ci stanno “antipatici”. E’ esemplare quanto ha dichiarato il ministro francese dell’Immigrazione, dell’Integrazione e dell’ ”Identità nazionale” Eric Besson: “La nazione rappresenta un valore imprescindibile di fronte alle sfide dei nuovi integralismi, dallo sviluppo delle attuali forme di comunitarismo e di regionalismo, dalla costruzione progressiva dell’identità’ europea, dalla mondializzazione dell’economia”. E’ così che un governo, moderatamente di destra, come quello francese, non ha nessun “imbarazzo” a chiamare un ministero dell’ ”Identità nazionale”, ben sapendo che l’espressione fu usata, tre decenni fa, dallo xenofobo Jacques Le Pen. Besson ha lanciato un grande dibattito su che cosa significa “essere francese oggi”, ovvero, anche su come possa diventarlo un immigrato extracomunitario. Tutt’altro dibattito “farraginoso” quello in corso in Italia: se concedere il voto alle amministrative, quando dare la cittadinanza e se nascere in Italia basti per essere italiani. L’integrazione e’ impossibile “imporla” per legge. Solo confrontandosi e interagendo gli uni con gli altri, la somma di esperienze, tradizioni e “culture” può arricchire i diversi gruppi e favorire la vera “integrazione”. Lo scambio fra culture diverse e’ da sempre uno vantaggio e progresso. Noi che viviamo in Australia possiamo testimoniarlo. In ogni caso, nonostante tutto, grazie alla lingua, alla religione, alla storia comune, a due guerre mondiali, al fascismo (pro e contro), alla Chiesa, alla televisione e ai centocinquanta anni di “unificazione”, possiamo dire che il “popolo italiano" e’ più unito di quanto sembri dalle differenze tra “destra” e “sinistra” tra “polentoni” e “terroni”. Una curiosità. Gli italiani che vivono al centro, che pesci sono? Sono marchigiano. Vado al nord e sono un “terrone”, appena mi sposto al sud diventavo “polentone”. E’ “simpaticamente” curioso, non e’ vero? Smettiamola di “beccarci” e di “autodenigrarci” ed iniziamo a sentirci orgogliosi di essere tutti italiani di destra o sinistra, dal nord al sud isole comprese. Il 30 novembre Pier Luigi Celli, attuale direttore generale della LUISS (“Libera Università Internazionale degli Studi Sociali”), ha scritto una lettera al figlio consigliandolo di andarsene dall’Italia. Diceva che per un giovane di talento non vale piu’ la pena di lavorare nel nostro Paese. La lettera, pubblicata da “La Repubblica” e da altri giornali, accese un grande dibattito. Concordo pienamente con il Ministro alle Politiche Giovanili Giorgia Meloni che Celli abbia fatto un’uscita “snob”. Celli scrive un passaggio molto amaro al figlio Mattia: “Questo è un Paese da cui, se ti va bene, comincerai guadagnando un decimo di un portaborse qualunque; un centesimo di una velina o di un tronista; forse poco più di un millesimo di un grande manager che ha all’attivo disavventure e fallimenti che non pagherà mai“. E prosegue: “Incapperai nei destini gloriosi di chi, avendo fatto magari il taxista, si vede premiato -per ragioni intuibili- con un Consiglio di Amministrazione, o non sapendo nulla di elettricità, gas ed energie varie, accede imperterrito al vertice di una multiutiliy“. Infine conclude: “Questo è un Paese che non ti merita. Avremmo voluto che fosse diverso e abbiamo fallito“. Sono due gli aspetti che emergono dalla lettera. La presa d’atto del fallimento di una generazione di “perdenti assoluti”, come e’ stata definita da molti quella del 68’ che ha portato l’Italia alla deriva. E la preoccupazione di questa Italia di mediocri e raccomandati. Celli e’ un ipocrita. Ha fatto parte, e continua a fare parte, di quella stessa “casta” contro cui punta ora il dito. Ha ricoperto ruoli importanti in Eni, Omnitel, Wind, Rai, Unicredit, Enel, trovandosi spesso nella posizione di “Direttore delle Risorse Umane”, quello che seleziona ed assume la classe dirigente. Se l’Italia ora si trova come si trova, una parte di colpa ce l’ha sicuramente anche Celli. Lui che aveva potere, perché non ha combattuto fino in fondo la battaglia per un’Italia migliore? Celli e’ doppiamente “ipocrita” perché il figlio, con un padre dal “pedigree” cosi prestigioso, difficilmente avrà grossi problemi a trovare un “posto” e ben retribuito in un Paese che “protegge” i privilegi delle “caste”. E’ vero che, allo stato attuale delle cose, l’unica opportunita’ per lavorare potrebbe essere rappresentata dall’espatrio. Ma ad ascoltare trasmissioni specializzate sui giovani, sembra di capire che, in tutti i Paesi cosiddetti “evoluti” industrialmente, i loro laureati e specializzati hanno difficoltà d’impiego e pensano di espatriare. Dove andranno se la situazione lavorativa e’ uguale in tutto il mondo? Sono tante le cose che mettono in difficoltà i giovani, ma il segreto sta, nonostante tutto, nell’abituarsi a lottare duramente, con coraggio e speranza ogni giorno: come hanno fatto i giovani che hanno preceduto questa ultima generazione. Nessuna generazione ha avuto la vita facile. Le sfide che attendono le nuove generazioni non sono piu’ grandi di quelle che hanno affrontato i loro nonni, che ereditarono un Paese e un’Europa distrutta dalla guerra. L’Italia, in particolare, era divisa, penalizzata da un grande percentuale di analfabeti e senza ancora con un’identità’ nazionale eppure, i giovani di allora, come dei “Giganti”, riuscirono a realizzare il “miracolo economico” partendo da un “doppio sotto zero”. Oggi il futuro di tutti i giovani sta nell’essere “orgogliosi” della terra in cui sono nati anche quando, legittimamente, hanno mille motivi per essere scontenti. Certo, l’esperienze all’estero sono importanti nel mondo globalizzato e integrato di oggi ed e’ per questo che c’e’ tantissimo da fare. Gli stranieri (inglesi, francesi, tedeschi, cinesi, indiani, arabi ecc.) vengono da decenni in Italia per “carpire” i segreti delle sue molte “eccellenze” riconosciute da tutti, meno che dagli stessi italiani. La sfida e’ rimanere per far cambiare il Paese in cui si e’ nati. Ci vorrà molto tempo, ma questa e’ la missione che attende i giovani italiani nel mondo ed in Italia non dimenticando che: “.... hanno intelligenza e creatività superiore a tutti gli altri.... Per questo sono stati e sono superiori”. Che cosa allora significa essere italiani? Significa, prima di tutto, mantenere “orgogliosamente” la nostra identità compresa la lingua. Significa ricordarsi che la civiltà “romana” prima ed il “rinascimento” poi, hanno sempre dato “inizio” e “guidato” i nuovi corsi della storia del mondo intero. I giovani italiani, sia che vivano nel mondo o in Italia, hanno un’occasione unica per dimostrare che sono i degni eredi dei loro illustri antenati ed anche dei “Giganti”: i loro nonni e padri. Adottino come “motto” quello che ebbe a dire John Kennedy: “Non chiedere al tuo Paese cosa può fare per te, sei tu che devi fare qualcosa per lui”. Le generazioni dei giovani che li hanno preceduti, senza che conoscessero questo motto, l’hanno attuato spinti dall’orgoglio di essere italiani.

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