- Marco F. Cavallotti
- Mercoledì, 26 Febbraio 2014
Osservando il tenore dei commenti, lo «stile renziano» – ormai si può dire così – costituisce più che altro, per gli addetti ai lavori, l’occasione per dargli addosso o elogiarlo su alcuni contenuti. I soliti contenuti, spesso nemmeno quelli di fondo. Così al centro del dibattito c’è la ventilata ipotesi di mazzate patrimoniali, la imminenza o meno della riforma elettorale; mentre di veramente nuovo ci sarebbe il ruolo delle varie componenti del PD nel governo e nel partito stesso, diventato anche per colpa degli altri una sorta di partito unico e pigliatutto, fra la sostanziale indifferenza di tante vestali della democrazia: ormai è diventato difficile distinguere fra Stato e Partito, fra cariche dello Stato e cariche del Partito, fra opposizione all'interno del partito medesimo e opposizione «costituzionale».
Altro che ventennio fascista... direi che pochi sono i regimi che hanno potuto contare su un così totale controllo del potere costituito, in tutte le sue articolazioni. Ma non sarà certo il cattolico di sinistra Renzi ad accorgersene, lontano come si trova dal mondo e dalla cultura liberale. Anzi, proprio lui, rivestendo la singolare posizione di segretario del Partito e presidente del Consiglio, incarna uno degli aspetti più singolari e inquietanti di questo nuovo stile.
Così, mentre si discute di cose che fra l’altro probabilmente non si faranno, di gradino in gradino, di governicchio in governicchio, lo Stato si sgretola – pur senza dimagrire –, le istituzioni vengono colonizzate, i comportamenti si imbarbariscono, la "Costituzione più bella del mondo" diventa sempre più, in mano a soggetti tutt'altro che neutrali, uno strumento di gestione del potere e perfino di appoggio per i compagni di cordata: con il compiacimento di quelli che la vogliono immutabile, avendo il potere esclusivo di "interpretarla".
Il nuovo "stile renziano" piomba insomma – ha ragione Marsonet – come una clamorosa novità in uno stagno che di novità non vuol saper nulla – lo si vede dalle reazioni, come si diceva sopra. Ma visto il contesto, proprio il più che probabile fallimento alla prova dei fatti dell'ex-sindaco di Firenze, invece di un petardo che fa tanto rumore per nulla, potrebbe rivelarsi una vera e propria mina posta sotto un sistema di potere che si basa sulla asserita intoccabilità delle cariche e che non è più difeso dai velami della «correttezza istituzionale», formalmente squarciati dai grillini e sostanzialmente rimossi da un Renzi che ha dismesso i tradizionali panni curiali del Primo Ministro. E potrebbe anche essere l’inizio, probabilmente involontario, di una vera frana: in un modo o nell'altro, gli Italiani si chiederanno una buona volta che fare per cambiare davvero un sistema di potere che – giorno dopo giorno – si sta dimostrando devastante per il Paese.
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