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martedì 9 giugno 2015

Ma dove sta il nuovo?

La discussione e la storia delle convulsioni del Pd sta diventando la discussione e la storia della vita politica italiana per intero. Si tratta di un limite dovuto alla pochezza ed alla limitatezza di prospettive della stampa italiana nel darci conto della vivacità del dibattito condotto in altre sedi, o del totale asservimento dei media, che non sono nemmeno in grado di cogliere la vacuità di certe discussioni, fra pseudorinnovamento e conservazione di pezzi di ideologie condannate dalla storia, e ricerca di improbabili equilibri fra opzioni divergenti? 
Direi che è successo di peggio: non ci siamo accorti che un partito che sta quotidianamente dimostrando di non essere in grado di evolvere verso una moderna socialdemocrazia ha comunque perseguito per anni e con grande determinazione – e realizzato pienamente – il “cuore” del suo antico programma: la conquista del potere. Anche a costo di dimenticare per strada pezzi di “valori” un tempo ritenuti irrinunciabili e fondativi.
Se si potesse fare una mappa delle posizione di potere – le poltrone pubbliche o semipubbliche: comuni, province, regioni, municipalizzate, burocrazia centrale e periferica, scuola e università, cooperative rosse ancelle del potere, sindacatiscopriremmo che l'Italia intera è governata e “posseduta” per la massima parte da uomini dell'ex-Pci o vicini ai suoi eredi, integrati con le falangi di molti postdemocristiani di sinistra: prevalgono in una percentuale strabiliante ed in un modo che ben poco ha a che vedere con la distribuzione degli orientamenti politici dell'elettore italiano.
Ecco perché parlare del partito di Renzi è diventato un po' come parlare della politica tout court in Italia. Miracolo italiano? Giusta riluttanza di molte formazioni politiche a concepire la lotta politica come confronto al coltello con il “nemico”, costrette a combattere ad armi impari con i Portatori del Bene? Debolezza ideologica e organizzativa degli “altri”?
Certo, questa sorta di schizofrenia che ha creato un divario tanto grande fra aspirazioni e idee degli elettori, e istituzioni, meriterebbe qualche valutazione in più fra gli Italiani: in fondo, non è improbabile che ad essa possa essere collegato quell'insieme spesso scomposto e disorganico di separatismi e di rifiuto della politica che caratterizza il nostro Paese. Nel quale una parte ha preteso ed ottenuto di rappresentare il tutto.
Questa constatazione, difficilmente oppugnabile, dovrebbe bastare per concludere che un cambiamento serio e radicale ben difficilmente potrà nascere dal partito di Renzi.

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