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domenica 3 giugno 2018

Il governo degli spergiuri

Il governo giura su furbizie e false promesse

Onore al governo che si è insediato giurando fedeltà alla Costituzione, ma se e quanto sarà vero onore lo vedremo.
Non ci mettiamo la mano sul fuoco non per sfiducia pregiudiziale ma perché è innegabile che si è arrivati a ieri attraverso una serie di spergiuri nei confronti degli elettori ai quali - scommettiamo - si aggiungeranno quelli sugli impegni presi e sottoscritti solennemente nel contratto di governo tra Cinque stelle e Lega. 
Qui non c'entra la Costituzione ma l'affidabilità, la serietà e la lealtà dei personaggi in campo. Sarebbe banale ricordare che Di Maio e Salvini avevano giurato «mai insieme»; che Di Maio aveva ridicolizzato la flat tax e viceversa Salvini aveva giurato sul «mai reddito di cittadinanza» spreco di Stato. 
Sarebbe facile ripescare le battute ferocemente antieuropeiste dei due leader ora rassicuranti sulla tenuta dei patti monetari e politici; o ricordare a Salvini che prima del voto voleva portare Berlusconi dal notaio per certificare e blindare a futura memoria l'indissolubilità dell'unità del centrodestra
Sarebbe un gioco da ragazzi far notare che i membri del governo hanno giurato nelle mani di un presidente al quale fino a poche ore fa davano dello spergiuro, con tanto di richiesta di messa sotto accusa.
Sarebbe facile completare questo lungo elenco. Ma parleremmo del passato, mentre da oggi il problema è il futuro con i suoi spergiuramenti che incombono. 
Quisquilie, ma già si parla di cambiare i vertici della Rai e dei Tg per uniformare l'informazione pubblica ai voleri del nuovo regime, tradendo l'annunciato principio «fuori i partiti dalla Rai». Come già vacillano i giuramenti di non alzare le tasse (si parla di aumentare l'Iva per pagare altre promesse) e di «rispedire al mittente i barconi degli immigrati» (perché tecnicamente non è possibile).
È dura passare dalle parole ai fatti. Come scrive su queste pagine Francesco Del Vigo, i ministri del popolo grillini e leghisti sono arrivati al Quirinale in taxi ma sono usciti in auto blu, con scorte e segretari al seguito. Come è giusto che sia alla faccia della loro demagogia che sosteneva il contrario. 
Quando i «cittadini» arrivano al potere diventano casta, che la smettano almeno di fare i moralisti. 
Del resto siamo il paese del Gattopardo: tutto cambi perché nulla cambi. Giuro che è e sarà così.

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