Gianni Pardo
Venerdì, 22 Novembre 2013
Quando si parla di “molto, molto tempo”, bisogna intendersi. Per la persona
colta si sta parlando di secoli e millenni, per la persona normale soltanto
dell’arco della sua vita, sia pure aggiungendoci qualche decennio di quella dei
genitori. Per fare un esempio, una guerra fra due nazioni dell’area euro sembra
inconcepibile soltanto perché al momento dell’ultima guerra quegli stessi che
hanno più di settant’anni erano bambini piccoli.
Questo fenomeno si verifica anche in campo economico. I nostri
contemporanei dell’area euro considerano la prosperità e il “welfare” naturali
perché non conoscono altro. E inoltre che, se proprio dovesse scoppiare una
crisi tremenda – l’equivalente economico della Seconda Guerra Mondiale – pensano
che dopo ci risolleveremmo come si è risollevata la Germania dopo il 1945.
E invece no, non è detto. Un modello di società può essere gravemente
sbagliato, come la società sovietica, ed in questo caso è già molto se dura
settant’anni. Viceversa, se è lievemente sbagliato, può darsi che duri molto di
più, accumulando le conseguenze dell’errore, fino ad un crollo senza
ritorno.
Per millenni la Pubblica Amministrazione non è stata molto presente, nella
vita quotidiana. Il singolo non si aspettava praticamente niente dalla
collettività. Non esisteva la sanità pubblica, e, nel caso, tutto ciò che si
poteva sperare era di essere “curati” per pietà in lazzaretti organizzati dalla
Chiesa. La società non era soccorrevole. Non solo non assicurava di non essere
aggrediti, se si usciva di sera nelle strade buie, ma se c’era uno strapiombo
non si preoccupava di metterci una ringhiera: chi non voleva cadere nel burrone
faceva bene a stare attento. L’individuo era abbandonato a sé stesso e da ciò
derivava una mentalità individualista ed estremamente responsabile: era una
questione di sopravvivenza.
Economicamente il popolo trovava gravose tasse e imposte perché era molto
povero, ma in totale lo Stato riceveva poco e non assicurava quasi nessun
servizio. Il singolo doveva procurarsi di che vivere senza contratti collettivi,
senza cassa integrazione, senza alcuna forma di protezione. L’ambiente era
simile, per farsene un’idea, a ciò che tutti abbiamo visto cento volte nei film
Western. Tolto lo sceriffo efficiente ed eroe.
Nel mondo moderno le provvidenze sociali ci fanno sentire sempre più al
sicuro, tanto da sganciare la sopravvivenza dallo sforzo per sopravvivere: essa
è sentita come un diritto per il semplice fatto di essere dei cittadini. La
mentalità è cambiata. Lo Stato - anche se a volte odiato perché invasivo - è
sentito responsabile di tutto. Recentemente perfino dei guasti delle alluvioni.
Oggi l’individuo si considera un creditore dei politici: questi sono incaricati
di occuparsi del suo reddito – eventualmente ottenuto perfino lavorando – della
sua salute, della sua casa, della sua istruzione, della sua sicurezza, di tutto.
E con ciò si torna al quesito iniziale: questo modello è “naturale”?
In realtà, attualmente sembra che esso stia mostrando la corda. E se così
fosse, la crisi non si risolverebbe come quella del ’29, con una semplice pausa
di qualche anno nel progresso economico. Il piccolo errore che si ipotizzava,
nel nostro modello, è così riassumibile: nella sua azione, lo Stato è meno
efficiente del privato e se fa molto costa moltissimo. Ciò comporta un enorme
peso fiscale con scarsi risultati complessivi. Ciò malgrado si ha
un’irresistibile tendenza al deficit che in Italia – caso esemplare – porta a un
debito pubblico astronomico. Col rischio che la bolla scoppi, azzerando la
storia economica.
Da questo modello di società potremmo insomma uscire con le pive nel sacco,
ritrovando virtù dimenticate. Ci accorgeremo che la vita ci è data senza la
garanzia “soddisfatti o rimborsati”; che ognuno deve essere responsabile di sé
stesso; che nessun pasto è gratis; che prima di parlare di diritti bisogna
parlare di doveri; che è bene che lo Stato torni a farsi i pochi affari
suoi.
Nessuno ci ha dato il diritto “naturale” di vivere tanto meglio che nel Medio
Evo. Se vogliamo vivere meglio di allora, la società deve tornare ad essere
adulta. La vita è forse un regalo, il seguito no.
pardonuovo.myblog.it
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