- Giovanni Alvaro
- Mercoledì, 12 Febbraio 2014
Sì, ha ragione Napolitano quando parla del fumo che c’è in giro. Ha solo dimenticato di dire chi lo sta realmente diffondendo e il perché, anche se è facile capirlo. Quando, infatti, si costruisce una ‘verità’ sulla menzogna è impossibile, soprattutto per un Capo dello Stato, poter fare marcia indietro. Deve necessariamente continuare sullo stesso piano, negando anche l’evidenza, e utilizzare il miglior metodo di difesa che è quello di accusare chi lo ha messo all’angolo di diffondere solo fumo senza alcuna sostanza.
Si sa che mister Q, forse per l’età, ha acquisito la sindrome del microfono e quando ne vede uno a portata non resiste e si libera piacevolmente dei suoi pensieri. La menzogna nasce da questo sua voglia di esternazione che lo ha portato, dinanzi ai parlamentari europei, a dichiarare, riferendosi ai governi Monti e Letta, che [gli stessi - ndr] «sono stati presentati quasi come inventati per capriccio dalla persona del presidente della Repubblica», ma ciò, ha detto, non è vero perché «non si tratta di nomi diversi da quelli indicati nel corso delle consultazioni con tutti i gruppi politici e parlamentari, come si conviene».
Ha voluto con quel “come si conviene” sottolineare che è normale che i nomi siano il frutto delle indicazioni che il Parlamento deve fare per dare la dritta al Presidente della Repubblica e sbloccare una crisi. Ma significa anche che (excusatio non petita, accusatio manifesta) è cosciente d’aver ‘violato’ le regole democratiche esautorando le Camere dal loro ruolo e vorrebbe far credere che ciò non è avvenuto. Ma quando le interviste di Friedman, con relativo sonoro, non concedevano spazio a negare che già nel giugno 2011 aveva contattato Monti, il signor Q si è rifugiato nella descrizione del «sempre più evidente logoramento della maggioranza di governo c» che lo ha indotto ad avviare contatti informali.
E cita «la rottura tra il Pdl e il suo cofondatore [avvenuta però nel 2010 ndr], il successivo distacco di numerosi parlamentari (stesso periodo della rottura con Fini ndr),… la lettera dal presidente della Bce Trichet e dal governatore Draghi» (agosto 2011 ndr). Ma i contatti con Monti non sono di giugno 2011? Questa atteggiamento giustificazionista è comunque il la per la musica a sostegno (classico fumo che si distribuisce per sbiadire e nascondere le verità – un assist ai sostenitori a prescindere) a cui non si sottrae neanche Enrico Letta che pronto denuncia il «vergognoso tentativo di mistificazione della realtà», dichiarazione che si adatta meglio ai contenuti della lettera di Napolitano al Corsera piuttosto che alle giustificate note di protesta dei dirigenti di Forza Italia.
A novembre del 2011 furono create, comunque, le condizioni con le vendite dei Btp italiani da parte della Deutsche Bank che ha determinato un effetto domino facendo schizzare lo spread a quota 553 punti, dai 150/200 registrati al precedente giugno 2011 durante il quale Napolitano aveva sondato Monti. Sentire quindi Letta sostenere che «il Quirinale si attivò di fronte ad una situazione fuori controllo, con efficacia e tempestività per salvare il Paese» fa accapponare la pelle. Chi lo mise fuori controllo? Chi decise che bisognava passare dai sorrisetti di scherno della Merkel e Sarkosy a vie di fatto concrete? Perché fu allettato Monti con la nomina a senatore, o fu lui che la pretese pur non avendo i prescritti requisiti che sono quelli di “aver illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario?”
Si può riempire di fumo ogni angolo, ma non basterà a far decantare la situazione. C’è un Paese che aveva scelto da chi farsi governare, ma si è operato per ottenere la sua messa fuori gioco. Non si vuole chiamare quanto è avvenuto ‘colpo di stato’? Chiamiamolo almeno uso spregiudicato del proprio ruolo e ci si assuma ogni responsabilità rinunciando al ruolo di senatore a vita che compete dopo le dimissioni. Non siamo forcaioli e mozzorecchi e, quindi, non ci piace vedere il sangue, ma almeno si abbia il decoro di fare un passo indietro.
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