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venerdì 14 febbraio 2014

Tutto e subito, o la va o la spacca...

Che per Renzi sia l'inizio dell'autoaffondamento? Se questo avverrà, non sarà solo per colpa sua, ovviamente: il sindaco di Firenze non può non essere espressione del mondo politico italiano, sia pure dotato di molto spirito di iniziativa in più rispetto alla media.
In effetti, raramente mi è successo di sentire una discussione di livello più basso di quella nella direzione del PD di ieri – a volte le trasmissioni in streaming sarebbero da evitare, come ben sapevano i culi di pietra del CC del PCUS e i loro compagni italiani d'annata –; una discussione dai contenuti spesso miserabili e dalle argomentazioni frequentemente stravaganti.

Non si è sentito un accenno su programmi, problemi, guai dell'Italia, ma solo polemiche più o meno serie, più o meno rozze, su «Renzi sì» e «Renzi no», con la solita palude che corre in soccorso del vincitore. Ma Renzi dovrebbe sapere che la palude è sempre infida.
Del resto il compito del gruppo renziano e dei suoi fiancheggiatori, fattosi maggioranza a valanga nel giro di pochi giorni, era ieri davvero acrobatico: affondare un compagni di partito capo del governo – e coesponente per giunta della stessa area cattocomunista che sembra ormai guida indiscussa dell'ex-Pci –; evitare di indisporlo con una valutazione troppo pesante del pochissimo che ha fatto insieme alla delegazione parlamentare del suo stesso partito; indicare come successore – ignorando il ruolo del PdR – un suo compagno di partito che nel frattempo è segretario politico e sindaco di Firenze, imponendogli la stessa maggioranza del governo uscente, con l'obiettivo di fare tutto quello che fino ad ora non si è riusciti a fare, e restando di fatto nel vago. Alcuni pensano addirittura che a questo punto Renzi si guardi bene dal chiudere subito sulla legge elettorale, conservandola per i momenti peggiori come Penelope la sua tela: durare fino alla fine naturale della legislatura, legando la propria longevità a quella del governo, è un obiettivo ghiotto per molti che sanno di non aver speranze nelle prossime elezioni...
Insomma, il cambio non poteva essere gestito in modo peggiore, pressato ormai da molti dei poteri che condizionano la politica, che si sono convertiti al renzismo in poche settimane, e con un Letta incapace di reagire in maniera sensata.
Ma qualcosa di sostanziale balza all'occhio in tanta confusione: l'incapacità del PD di considerarsi un partito normale fra i molti, e la sua inveterata e storica tendenza a considerarsi partito unico. Ecco allora la tendenza PD a confondere il successo nelle proprie primarie con una candidatura universale; ecco l'idea che ogni contraddizione si debba riassumere e riassorbire nella dialettica interna al partito, in grado di far sintesi di tute le posizioni politicamente «ortodosse» (le altre si distruggono con adeguate «campagne di opinione»), con la coincidenza anche fisica del capo del partito col capo del governo: non era mai successo neppure in Unione Sovietica. Il Corriere intanto, convertito di fresco, suona la grancassa e dedica oggi mezza pagina al parrucchiere di Renzi, alla faccia del berlusconismo come malattia unica e propria solo dell'arcidiavolo nazionale.
Molti – anche di tradizioni liberali – osservano le clamorose e mirabolanti novità giorno per giorno, nella timida e un po' vigliacca speranza che Renzi sia «l'uomo giusto» – stavo per scrivere «l'uomo della Provvidenza»... Tutto viene tollerato e quasi auspicato augurandoci che qualcosa così cambi davvero, infondendo nuova autorevolezza alla figura del presidente del Consiglio ed i suoi ministri – che peraltro saranno tutti inesperti come i loro predecessori –: come se una Boldrini costituisse un passo avanti rispetto a una Cancellieri... a parte i problemi che sorgeranno non appena si vorrà por mano alla loro lista.
Intanto le elezioni súbito vengono definite da chi dovrebbe averle indette da un pezzo come «una sciocchezza». E gli altri stanno a vedere l'effetto che fa, affascinati dall'idea – che temo si rivelerà ben presto fallace – che finalmente un «uomo di polso» possa risolvere i problemi che l'invertebrato Letta e i suoi ministrini si erano rivelati incapaci perfino di affrontare.
Peccato che, magari pressato da amici interessati e dalla fretta, Renzi abbia imboccato una strada cieca, mostrando forse per la prima volta in modo chiaro di che stoffa sia fatto: facendo prevalere l'occasione del potere immediato rispetto ad una – del resto possibilissima– sanzione elettorale e democratica in tempi un po' più lunghi. È un'offerta provenuta da troppi gruppi, e troppo diversi, per non essere un dono potenzialmente avvelenato.
Intanto l'Italia “di fatto”, dal punto di vista istituzionale, è sempre più lontana da quella che imporrebbe la obsoleta, ma tuttora vigente, “Costituzione più bella del mondo”. Così Renzi rischia moltissimo di bruciarsi, nella generale balcanizzazione della politica italiana. Auguri (a noi).

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