Antonio Polito
- Mercoledì, 12 Febbraio 2014
Corriere della Sera - Sarà anche l’alba della Terza Repubblica, ma assomiglia molto a un déjà vu del Ventennio. In tutti questi anni ogni volta che Berlusconi ha perso il governo, il centrosinistra ha dato una prova di divisione e di caos tali da farlo rimpiangere. E infatti anche stavolta, in un solo anno, il Pd è riuscito a produrre tre premier: uno solo incaricato, Bersani, che voleva governare con i grillini; uno subito azzoppato, Letta, al quale non è bastato battere in Parlamento il nemico di sempre per guadagnarsi la riconoscenza del suo partito; e uno in pectore, Renzi, cui probabilmente tra qualche ora dovremo fare gli auguri di buon lavoro, se riesce il pressing che lo vuole portare a Palazzo Chigi.Il congresso del Pd, cominciato subito dopo la sconfitta elettorale, non è insomma mai finito. Il partito di maggioranza relativa ma senza una maggioranza ha così esportato sulle istituzioni le sue convulsioni interne. Spiace dirlo, ma il paragone con la Dc non è appropriato. La Dc era in grado di garantire la governabilità nonostante le sue divisioni. Al Pd, invece, è finora accaduto l’opposto.GLI INTERROGATIVI - Anche la soluzione del doppio incarico a Renzi, se a questa si arriverà alla fine di questi giorni caotici, è gravata da molti interrogativi. Il primo riguarda proprio la tenuta del partito che sta per mangiarsi l’ennesimo premier, e gli strascichi di vendette che si porterebbe dietro. È vero che il giovane leader ha vinto le primarie (per la carica di segretario), ma le aveva vinte anche Bersani (per la carica di premier), e anche Prodi, e anche Veltroni, e non è bastato a salvarli. Il secondo dubbio riguarda gli alleati: non sarà facile per il Nuovo Centrodestra entrare in un governo organico di centrosinistra, dovrà digerire tutto o rompere presto. Il terzo riguarda la ragione stessa della staffetta.Ciò che gli italiani hanno capito, infatti, è che Renzi vuole fare il premier e che Letta non vuole cedergli il posto. Ma nessuno ha capito in che cosa il governo Renzi potrà essere diverso, oltre che nell’energia cinetica del premier, che pure non è poca cosa. Dov’è quel contratto di programma promesso entro un mese? Il Jobs Act è qualcosa di più di una conferenza stampa? Il nuovo premier disporrebbe forse di una maggioranza parlamentare più ampia?Purtroppo la risposta a queste domande è che noi non sappiamo perché il Pd voglia cambiare la via che fino a ieri definiva maestra. Può essere ovviamente che sia per il meglio. Un’iniezione di novità e di freschezza non può certo far male a un Paese quasi ipnotizzato dalla sua crisi. Ma il treno delle riforme istituzionali verrebbe così messo su un unico binario con quello del governo, dove correrebbero due maggioranze diverse, una con Berlusconi e una contro Berlusconi. È un funambolismo ad alto rischio. Speriamo funzioni.Altrimenti Firenze perderà un buon sindaco e l’Italia un’altra occasione .
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