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mercoledì 30 maggio 2018

Giallo al Quirinale: Cottarelli chiede tempo. Il Pd per lo scioglimento delle Camere

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Focus
Verso il voto a luglio?

Un colpo di scena inaudito. Un giallo. E’ tutto rinviato a domani. Una cosa mai vista quella capitata oggi pomeriggio al Colle: Cottarelli ha incontrato Mattarella ma ha immediatamente lasciato il Quirinale ed è tornato alla Camera senza rilasciare dichiarazioni. Nessun governo, quindi, almeno per ora. Il Capo dello Stato riceverà nuovamente il presidente incaricato domani.
L’ipotesi più probabile è che il governo Cottarelli non vedrà mai la luce, anche se fonti del Quirinale smentiscono possibili rinunce da parte del premier incaricato. Cottarelli, fanno sapere dal Colle, avrebbe solo bisogno di più tempo per approfondire alcuni nodi legati alla lista. Notizia confermata anche dal diretto interessato che entrando alla Camera ha spiegato che si stanno “approfondendo alcune questioni sulla lista dei ministri ma non ci vorrà molto”.
Se così non fosse, a Mattarella non resterebbe che sciogliere le Camere e mandare il paese al voto a luglio; i tecnici del Viminale sarebbero già al lavoro per verificare l’ipotesi di un eventuale voto il 29, l’ultima domenica del mese. Con il governo Gentiloni a gestire le elezioni. Tutto è ancora possibile. L’unica cosa certa è che siamo davanti agli ultimi miasmi di una mini-legislatura da incubo.
Ma cosa è successo questo pomeriggio? Difficile dirlo. E’ possibile che, come spiegato da Cottarelli e dalle stesse fonti del Quirinale, ci sia semplicemente bisogno di ulteriore tempo per completare la lista dei ministri, ma certo sarebbe una cosa davvero paradossale dopo che lo stesso Cottarelli aveva chiesto e ottenuto di poter salire al Colle per sciogliere la riserva.
Ma forse c’è dell’altro. Nelle ultime ore in ambienti parlamentari si è molto rafforzata l’idea di un voto molto più ravvicinato del previsto. L’accelerazione trova d’accordo il Pd, che anzi l’ha esplicitamente perorata con il capogruppo Andrea Marcucci e il ministro della Giustizia Andrea Orlando. E a quanto pare anche Luigi Di Maio sarebbe d’accordo. Molto meno, presumibilmente, Matteo Salvini che contava di attivare le commissioni parlamentari, pur in assenza di un governo nella pienezza delle sue funzioni, per far partire qualche provvedimento del mitico “contratto”.
D’altra parte, l’aria di campagna elettorale già ammorba il climapolitico. Fin nelle aule parlamentari: al Senato sono già andati in scena una serie impressionante di comizi, da Toninelli a Centinaio, con la presidente Casellati costretta a richiamare il capogruppo grillino a non tirare in ballo il capo dello Stato contro il quale il pentastellato si stava scagliando. Il tutto in una giornata resa più nevrastenica dalla improvvida uscita del commissario Oettinger.

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